I detenuti stranieri condannati in via definitiva dovranno scontare la pena nei rispettivi Stati. A sancire l’impegno della premier Giorgia Meloni, inserito nel programma elettorale di Fratelli d’Italia, l’intesa con la Romania. Risale al 2008 l’accordo-quadro europeo, recepito successivamente dall’Italia, ma finora non aveva funzionato regolarmente, a pieno regime. Ora c’è l’impulso politico della premier con l’omologo Marcel Ciolacu, socialdemocratico e quindi di schieramento opposto. In Italia ci sono 2.153 detenuti rumeni (12% del totale), ma non tutti sono condannati in terzo grado. La maggior parte si trovano in Lazio (507) e Lombardia (317). Finora ne sono stati rimpatriati in media 20-30 all’anno, ma questa cifra è destinata a salire sensibilmente. Poter rimpatriare i detenuti romeni significa liberare posti nelle celle italiane. Non una soluzione totale al problema del sovraffollamento, ma un contributo importante. Inoltre, calcolando una spesa di 150 euro al giorno per detenuto (di cui l’80% è destinato alle spese per personale civile e di polizia penitenziaria), i rimpatri consentirebbero di accumulare, secondo Il Giornale, un tesoretto di 270 milioni all’anno (100 se si considerano solo i rimpatri rumeni), magari per contribuire a risolvere situazioni precarie.
Si lavorerà comunque ad altri accordi con vari stati – come Marocco, Nigeria e Tunisia – e si valuteranno misure alternative per i reati minori. Ma l’incontro tra Meloni e Ciolacu ha toccato anche altri ambiti, come quelli economici e commerciali. Ad esempio, c’è la volontà di collaborare nel settore della sicurezza energetica. A tal proposito, Meloni ha rimarcato che «molto significativa è la recente firma di un’intesa tra Ansaldo Nucleare, Sace e Nuclearelectrica». L’ottica di questo accordo è ampliare e ammodernare la centrale di Cernavoda. «La firma odierna ci invita a considerare seriamente la riapertura della strada al nucleare in Italia», il commento di Adolfo Urso, ministro delle Imprese. Sono sette le intese siglate con la Romania: riguardano anche turismo, protezione civile e formazione dei funzionari pubblici.
COSA PREVEDE L’ACCORDO ITALIA-ROMANIA SUL NUCLEARE
Per quanto riguarda l’accordo sul nucleare, il memorandum of understanding firmato tra il gruppo assicurativo-finanziario Sace, Ansaldo Nucleare e l’azienda romena per l’energia nucleare Societatea nationala nuclearelectrica (Snn) punta a strutturare una linea di finanziamento fino a 2 miliardi di euro, col supporto assicurativo di Sace, per rafforzare le attività legate alla produzione di energia nucleare in Romania, soprattutto l’estensione di vita dell’Unità 1 della centrale di Cernavoda e lo sviluppo delle Unità 3 e 4. Come evidenziato dalla Verità, attualmente presso quella centrale sono operative due unità di tipo Candu 6, filiere di reattori nucleari che funzionano con l’uranio naturale, ma usano l’acqua pesante come moderatore e quella in pressione come refrigeratore. Le due unità, entrate in funzione nel 1996 e 2007 e a cui Ansaldo Nucleare ha partecipato attivamente per la realizzazione, forniscono insieme circa il 20% del fabbisogno energetico della Romania.
Sono state progettate per funzionare 30 anni. Quindi, alla fine del 2026 l’Unità 1 raggiungerà il traguardo. Da qui il processo di ricondizionamento avviato da Snn. L’accordo prevede che Ansaldo sia responsabile delle attività di ingegneria e approvvigionamento dei componenti per il prolungamento della vita dell’Unità 1 in collaborazione con la società canadese Candu Energy Inc. (AtkinsRéalis) e la coreana KHNP. Ma la Romania vuole anche completare le Unità 3 e 4 della stessa centrale di Cernavoda. Anche in questo caso col coinvolgimento di Ansaldo, in quanto original designer del Balance of Plant, cioè di quella parte di sistemi dell’impianto che permettono la trasformazione dell’energia derivante dalla fissione nucleare in energia elettrica.