Carlos Tavares, oggi 65 anni, ha cominciato a lavorare nel mondo dell’auto 42 anni fa quando venne assunto da Renault. Da allora la sua vita è legata alla passione per le quattro ruote. L’unico hobby che gli si riconosce è la collezione di vetture d’epoca cui si dedica nel tempo libero, peraltro scandito dalla sua partecipazione ai rally o altri eventi a quattro ruote. Sempre rispettando un principio: non vendere mai un’auto senza profitto, l’ingrediente essenziale per garantire nel tempo la continuità aziendale. Di qui la scelta di non seguire Tesla nella corsa al ribasso dei prezzi.
Certo, sostegni di vario tipo fanno parte per tutti del business a quattro ruote. Ma non è affatto detto che alla fine i conti tornino per tutti, Specie in anni travagliati e complessi, come quelli che il settore sta attraversando, tra sfide tecnologiche e finanziarie estreme. In attesa dei cinesi pronti a scatenare una nuova battaglia dei prezzi.
In questa cornice l’ad portoghese ha senz’altro tenuto fede, un po’ per necessità, un po’ per scelta alla sua fama. anche in un anno complesso, segnato da un rallentamento della crescita dei ricavi che ha scatenato nelle scorse settimane un fuoco di fila di contestazioni e di proteste contro l’orrido francese scelto in Italia per depredare il frutto dell’italico ingegno. Al contrario, conti alla mano, Stellantis si distingue per un flusso di cassa industriale netto di 12,9 miliardi accompagnato da una pioggia di dividendi che, almeno per un anno, dovrebbero saziare l’azionista Exor, alla costante ricerca di fondi per alimentare le “necessità” di famiglia. Per giunta complicate dall’incredibile telenovela dello scontro tra Margherita Agnelli e i tre eredi Elkann.
Si spiega anche così il generoso dividendo in crescita del 16% più il buyback di 3 miliardi di euro. che, assieme a bilanci solidi, si è tradotto in un robusto rialzo in borsa. Anche se, a detta di qualche analista, la crescita dei volumi superiore a quella del fatturato solleva interrogativi sulle sfide future e sulla concorrenza dei prezzi. Preoccupazione forse eccessiva se si guarda al portafoglio prodotti che prevede altri 23 modelli elettrici entro la fine dell’anno. La realtà è che l’industria automobilistica globale sta affrontando crescenti scorte e sovraccapacità. Le aziende che hanno investito pesantemente nelle auto elettriche offrono consistenti sconti, Tesla compresa. Stellantis ha contenuto al minimo la tendenza, come dimostra il relativamente modesto calo del margine operativo (sceso all’11,2%).
Un atteggiamento apprezzato dai mercati che sembrano pronti a scommettere sul manager portoghese, uno dei pochi capaci di guidare un ulteriore consolidamento del settore come dimostrano i buoni risultati dei suoi modelli, tra cui la Citroen eC3, la Jeep Avenger e la Fiat 500. Oltre ai 25 modelli elettrici già esistenti nel 2024 se ne aggiungeranno altri 23.
Intendiamoci: un conto è un manager, altro un politico. È ovvio che quest’ultimo miri a risultati sul fronte dell’occupazione e degli investimenti, laddove il primo deve tener conto anche (se non soprattutto) del profitto. Ma, se si vogliono evitare disavventure alla Arcelor Mittal, meglio aver a che fare con industriali che non promettono l’arrivo di capitai e nuovi modelli,. Sulla carta, beninteso.
Certo, occorre vigilare per evitare che l’eventuale ingresso di Renault nel gruppo non sposti l’ago della bilancia a favore dell’azionista pubblico transalpino. Ma John Elkann ha già avuto modo, seppur per pochi giorni, di conoscere i metodi di Parigi. Lungi dal chiedere per Stellantis una quota di investimenti di Stato per bilanciare il peso di Parigi, dovremmo chiedere l’uscita del partner di Stato francese prima di eventuali nozze che, è solo una questione di tempo, potrebbero essere la promessa per la nascita del terzo produttore di auto a livello mondiale. Dopo Tesla e Toyota, ma davanti a Porsche, Mercedes, BMW, Volkswagen e anche al cinese Byd. Senza dimenticare il ruolo di Ferrari.
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