Massimo Morasso, in una intervista a La Verità, ha parlato di come è cambiata la poesia in quest’epoca a pochi giorni dall’uscita della sua nuova raccolta, dal titolo Frammenti di nobili cose. “Io penso che nell’oggi della poesia ci si stia crogiolando un po’ troppo fra i frammenti di cose ‘volgari’. È opportuno contrapporre un nuovo slancio verticale alla mania novecentesca, e poi novecentista, della de-sublimazione”, ha affermato.
La deriva autorefenziale non piace al poeta e saggista di Genova. “Quello che ora sento di dover fare quando scrivo dei versi è sì raccontare attraverso la poesia la storia della mia vita interiore, dando fiato, ostinatamente, a una voce che altri potrebbero definire neolirica, ma andando in direzione contraria alla deriva psicologistica”, ha spiegato. “La poesia è bene che sia un antidoto al nullismo e alla sua presupponenza scettica. E può esserlo, nel buon esercizio artigianale della forma, quando veicola un pensiero profondo, riccamente umano”.
Massimo Morasso: “La poesia deve essere antidoto al nullismo”. Il parere
Le poesie di Massimo Morasso puntano proprio al profondo, al superamento del nullismo stesso. “Come Cristina Campo, io credo pochissimo al visibile, e molto all’invisibile, che, in ogni caso, è forse la cosa che mi interessa di più. Credo anche nella natura e nel destino catacombale del gesto poetico”, ha raccontato. È per questo motivo che critica coloro che invece vanno nella direzione opposta.
“Chi sta tentando di portare la poesia verso il mercato di m, mi farebbe sorridere, se non lo riconoscessi come un araldo di un quasi-niente del pensiero che presuppone d’essere molto, e che, purtroppo, tuttavia, orienta i più”. E ha concluso: “Una delle cose più inquietanti è che fra i lettori di poesia più influenti c’è chi attribuisce una qualità visionaria a dei poeti, anche a dei sedicenti grandi poeti, che forse invece andrebbero messi in ridicolo sulla pubblica piazza, per quanto sono insulsi e terra terra”.