Le indagini sulla strage di Altavilla Milicia, in provincia di Palermo, procedono a ritmo serrato per chiarire dinamica e responsabilità dietro il massacro costato la vita alla 42enne Antonella Salamone e a due dei suoi tre figli, Kevin ed Emanuel Barreca, di 16 e 5 anni. Tutti e tre morti dopo una serie di torture che il marito della donna, Giovanni Barreca, avrebbe inflitto con la complicità di una coppia di palermitani conosciuta circa un mese prima della mattanza, Massimo Carandente e Sabrina Fina, nel comune tentativo di “scacciare le presenze demoniache” che avrebbero regnato nella casa e nelle vittime ritenute “possedute dal demonio”. Indagata anche l’unica figlia sopravvissuta all’orrore, 17enne che avrebbe ammesso di aver preso parte ad alcune fasi delle sevizie e di essersi addormentata nella stanza accanto a quella in cui, l’11 febbraio scorso, i carabinieri avrebbero trovato i corpi martoriati dei fratelli.
Dai racconti degli indagati, secondo quanto filtrato nelle ultime ore, sarebbero emersi dettagli agghiaccianti che ricalcano i contorni di una vera e propria carneficina. Le torture sulle vittime sarebbero durate giorni e la prima a perdere la vita, stando a quanto finora ricostruito, sarebbe stata Antonella Salamone. Seviziata, uccisa e bruciata, infine seppellita in giardino. Non è chiaro se la 42enne sia stata assassinata per prima dopo essersi opposta alle violenze che “i fratelli di Dio” avevano iniziato ai danni dei figli. L’obiettivo di Barreca e dei presunti complici sarebbe stato quello di portare a termine esorcismi e riti di purificazione estremi, sull’onda di un comune “fanatismo religioso” anti-satanico, perché convinto di dover liberare la famiglia dai “demoni“. L’ultimo a morire sarebbe stato Kevin Barreca, il figlio 16enne. Secondo il racconto di uno degli indagati, riportato dal Giornale di Sicilia, il ragazzo avrebbe tentato disperatamente di difendersi e avrebbe dato dei “morsi” a uno dei suoi aguzzini ferendolo ad una caviglia.
Strage di Altavilla Milicia, il racconto di Sabrina Fina durante l’interrogatorio
In una sorta di cortocircuito mentale collettivo, un delirio condiviso, anche i figli maggiori di Giovanni Barreca e Antonella Salamone avrebbero assistito e partecipato alle torture sulla madre e sul fratellino di 5 anni. Quando i “fratelli di Dio” (come si sarebbero fatti chiamare Massimo Carandente e Sabrina Fina) avrebbero rivolto la loro furia contro di lui, Kevin Barreca avrebbe “lottato come un leone” per sottrarsi alle torture e alla morte. Sarebbe stata proprio la donna indagata, riporta Giornale di Sicilia, a raccontarlo agli inquirenti chiamati a ricomporre un mosaico di orrori sconvolgente. Sabrina Fina sarebbe stata ferita dal 16enne ad una caviglia con un morso, sferrato dalla vittima in un disperato tentativo di difesa, e insieme al marito, con l’aiuto dello stesso Giovanni Barreca, avrebbe deciso di legarlo mani e piedi con una catena arrugginita e dei cavi elettrici.
Durante la colluttazione, prima di essere immobilizzato dalla coppia, il ragazzo avrebbe colpito Carandente con un quadro. L’inchiesta prosegue anche alla ricerca di elementi che possano determinare il quadro di eventuali aggravanti a carico dei soggetti indagati oltre a quella, già ipotizzata, della crudeltà. Kevin Barreca, il 4 febbraio scorso, pochi giorni prima di morire, avrebbe scritto un messaggio inquietante ad un amico: “Nella mia famiglia ultimamente sono successe cose strane e c’entra il mondo spirituale. Ora sono venuti due fratelli di Dio e stanno liberando a mia madre e mio fratello che hanno dei demoni molto maligni addosso. La mia famiglia si sta distruggendo, colpa della mia indifferenza. Scappo sempre da casa mia per stare con voi e svagarmi, perché io in questa casa non sento pace“.