LA SCELTA SUL TFR
È meglio mantenere il Tfr in azienda o versarlo in un fondo pensione. Secondo Daniele Cirioli, “non c’è una risposta univoca a questa domanda, che possa cioè valere per tutti. E fuorviante sarebbe basarla esclusivamente sulla capacità di guadagno che hanno le due alternative, perché un corretto confronto non può prescindere da altri aspetti, soggettivi (per esempio se c’è preferenza/necessità di una pensione integrativa, che farebbe preferire il fondo pensione, ovvero preferenza/necessità del capitale a fine lavoro, che farebbe preferire il Tfr in azienda) e oggettivi, come i differenti regimi, contributivo e fiscale, ai quali sono assoggettate le due possibilità”. Inoltre, un ulteriore aspetto “che può condizionare la scelta tra tenere il Tfr in azienda oppure versarlo in un fondo pensione è il contributo aggiuntivo che il lavoratore riceve dal datore di lavoro soltanto se aderisce alla previdenza integrativa”.
SPI-CGIL CALABRIA CONTRO IL GOVERNO SULLE PENSIONI BASSE AGLI IMMIGRATI
Nel convegno in corso in Calabria, Spi-Cgil lancia un nuovo appello al Governo sul tema della riforma pensioni, in particolare sugli assegni degli immigrati in pensione: citando i dati della recente indagine condotta dalla Fondazione Di Vittorio sugli anziani di origine straniera, la denuncia riguarda il fatto che molti lavoratori regolarmente immigrati «Arrivano alla pensione spesso con problematiche di salute legate ai lavori usuranti fatti e pagano le conseguenze della mancanza di contributi e delle ristrettezze economiche con pensioni sociali o povere».
Secondo il sindacato dei pensionati, occorre al più presto destinare per questa particolare categoria «politiche specifiche tenendo conto dello stato di solitudine che a volte li accompagna». Politiche che andranno studiate al più presto nei tavoli Governo-sindacati, finora “congelati” anche per la scelta di Cgil e Uil di protestare contro la recente riforma pensioni adottata in Manovra di Bilancio 2024. (agg. di Niccolò Magnani)
LA MANIFESTAZIONE DELL’USB
Venerdì è in programma una manifestazione dell’Usb a Napoli. Nella nota riportata da tvsette.net, l’Unione sindacale di base spiega anche che “le pensioni, già ridotte nel loro potere d’acquisto, sono da sempre state il bancomat di tutti i Governi, che dagli anni 90 ad oggi, hanno approvato circa trenta modifiche di legge, tutte con lo scopo di tagliare sempre più gli assegni pensionistici in modo lineare, senza tener conto la differenza tra ricchi e poveri. I prelievi al sistema pensionistico, oltre la mancata separazione tra l’assistenza e la previdenza già sottrae ai fondi pensione di circa 50 miliardi l’anno, sono serviti e servono anche per finanziare le guerre che nessuno vuole, arricchendo solo i fabbricanti di armi”. La Uilp, intanto, ricorda che la mancata indicizzazione totale degli assegni, seppur limitata negli anni, comporta un danno strutturale e permanente, “perché si ripercuote in tutti gli anni successivi in cui si riceverà la pensione”.
GLI INTERVENTI PER I PENSIONATI
Vincenzo Naturale, in un articolo pubblicato su italiaveranews.it, spiega che in Italia ci sono tanti pensionati “e non tutti se la passano bene. Moltissimi non arrivano nemmeno a metà mese con le spese in crescita oltre al supporto continuo a figli e nipoti. Come nel caso dei coltivatori non c’è più tempo da perdere, i pensionati vanno aiutati subito con interventi tempestivi senza rimandare ulteriormente. Occorre per prima cosa senza nemmeno realizzare card o cose simili, eliminare l’Iva sugli alimenti per gli over settantacinque mostrando, per semplificare le cose, unicamente il codice fiscale alla cassa, naturalmente previa intervento del governo”. Dal suo punto di vista, “oltre a un giustissimo aumento delle pensioni minime ad almeno mille euro, vanno revisionati certuni passaggi legislativi oramai obsoleti”. Intanto il patronato Acli ricorda che con la nuova Quota 103, la pensione può essere al massimo pari a “4 volte il trattamento minimo Inps (2.459,08 €). Questo limite massimo opera fino al raggiungimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia (attualmente fissato a 67 anni)”.
RIFORMA PENSIONI, L’INDAGINE WHUB DI MEPOF E OPENBOX
Da un’indagine di WHub di Mepof e Openbox, come riporta Il Messaggero, emerge che nelle conversazioni sui social relative ad argomenti pensionistici, “la principale fonte sull’argomento è costituita da siti di notizie (54%), seguono blog (2%) e forum (10%). Si riscontra un sentiment negativo (36%), dovuto ai contenuti generati dagli utenti e ai loro commenti. I principali temi oggetto dei contenuti negativi sono la reversibilità dei vitalizi, il livello economico basso delle pensioni, l’innalzamento dell’età pensionabile e le proteste francesi di fronte alla riforma del sistema previdenziale nel Paese. Il sentiment prevalentemente neutro (58%) è invece legato ai contenuti informativi delle testate giornalistiche e dei media. Le conversazioni specifiche sulla previdenza integrativa sono invece abbastanza limitate”.
IL RUOLO DEI SOCIAL NELL’INFORMAZIONE SULLA PREVIDENZA
Anche in questo caso “la principale fonte sull’argomento è costituita dai siti di notizie (74%), ma restano importanti i forum (11%) e i blog (2%), strumenti in grado di intercettare le domande e di rispondere in modo semplice con un linguaggio comprensibile. Il sentiment neutro (79%) dipende anche in questo caso dai contenuti prodotti principalmente da testate e media, l’opinione negativa (18%) degli utenti resta comunque rilevante. Secondo l’indagine “motori di ricerca, social media e review di utenti ed esperti sono la fonte più rilevante per scoprire nuovi brand e trovare informazioni. WhatsApp, Facebook e Instagram sono i social più usati e influencer e creator svolgono un ruolo importante nell’influenzare le scelte degli utenti, specie i più giovani, e nel sensibilizzarli su un argomento così delicato come quello della previdenza”.
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