17 anni di agonia prima di vedere riconosciuta la propria innocenza. È la storia di Michele Padovano, ex attaccante della Juventus, accusato di essere coinvolto in un traffico internazionale di stupefacenti. A “Di buon Mattino”, l’ex campione racconta il suo calvario: “Il 10 maggio del 2006 vengo arrestato con un’accusa veramente molto infamante e molto brutta. Io avrei dovuto essere, secondo l’accusa, il capo promotore e finanziatore di un’associazione a delinquere per spaccio internazionale di stupefacenti. Quindi davvero una vita stravolta”. In quel momento la quotidianità del calciatore è stata distrutta “perché ti trovi in una situazione che non è tua. Io sono stato rinchiuso nel carcere di Cuneo per 10 giorni in isolamento. Non ho fatto una doccia, non ho visto l’aria. Sono stati momenti molto brutti e terribili. E mi hanno portato a Bergamo, dove c’era un altro carcere di massima sicurezza, dove ci sono rimasto per tre mesi”.
L’esperienza del carcere è stata scioccante per l’ex calciatore: “Sono condizioni molto brutte e molto dure, però secondo la mia formazione, in ogni situazione, devi riuscire a trovare la soluzione. È un’esperienza che mi ha permesso di riuscire a trovare la soluzione. un qualcosa di positivo, anche se molto duro”. Michele Padovano inizialmente pensava che fosse uno scherzo. Quando poi si è ritrovato in quella situazione paradossale, ha dovuto trovare la forza che non pensava di avere: “Devo ringraziare la mia famiglia. Mio figlio aveva 13 anni quando sono stato arrestato. Gli abbiamo rovinato l’adolescenza. Perché il papà, abbastanza famoso, viene arrestato. La mia famiglia ha sofferto molto e io ho trovato la forza in loro. Quando ero giù di morale trovavo in loro la forza per cercare la verità che abbiamo rincorso in tutti questi anni”.
Michele Padovano: “Ero molto legato a Gianluca Vialli”
Negli anni più difficili della vita di Michele Padovano, c’è stato chi gli è rimasto sempre accanto. Tra questi Gianluca Vialli, che l’ex calciatore ricorda a “Di buon mattino” come “un ragazzo meraviglioso, non c’è giorno che non gli dedichi un pensiero perché mi manca veramente molto. Un ragazzo molto sensibile. Lui telefonava tutte le settimane per sapere delle mie condizioni. La prima telefonata che ho ricevuto quando sono arrivato a casa agli arresti domiciliari è stata la sua. Quindi devo dire che quando ci siamo sentiti al telefono siamo scoppiati in lacrime entrambi e ho di lui veramente un gran bel ricordo perché era una persona al di sopra di tutto. Ero molto legato a lui, c’erano molte affinità caratteriali”.
Non solo Vialli. Padovano ricorda anche Gianluca Presicci “che è un altro ragazzo che ha giocato con me e che assieme a tutta la sua famiglia mi è stato molto vicino in tutti questi anni. Anche perché in questi momenti di difficoltà si riscopre la vera natura delle persone”. L’assoluzione “è stata l’emozione più grande della mia vita. Una gioia immensa dopo 17 anni di processi, di situazioni poco chiare. Affrontare una roba di questo tipo non è semplice. Ho avuto un carattere molto forte. Io ero convinto di voler dimostrare questa verità anche se ci fosse voluta tutta la vita. Gli avvocati mi hanno chiamato dicendomi ‘Michele, è finito un incubo’. Loro da quando sono stati con me mi hanno tirato fuori da questa situazione”.