Se diciassette anni vi sembran pochi: tanti ne sono trascorsi da quando, nel 2007, l’allora ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni vietava l’utilizzo dei telefoni cellulari dalle elementari alle medie inferiori, con l’aggiunta della scuola dell’infanzia. Nei giorni scorsi il suo successore, Giuseppe Valditara, ha anticipato che fra le nuove linee guida della scuola italiana viene ribadito lo stesso divieto per ovvi motivi didattico-educativi, ma anche “per evitare tensioni fra studenti e insegnanti: difendere il corpo docente significa difendere il principio di delega e di autorità”. Precisazione, quest’ultima, dal forte retrogusto amaro: se in oltre tre lustri, dirigenti e docenti (scriviamo al femminile perché in quell’ordine di scuole i maschi si contano sulle dita di una mano) non sono riusciti ad imporre lo stop ai telefonini ai loro giovanissimi alunni (tanto che ha dovuto intervenire il ministro), ciò non può che gettare cattiva luce sulla loro immagine in fatto di autorevolezza e capacità educativa.
Un po’ come accade nei musei, dove all’entrata si legge spesso un cartello del tipo “vietato scrivere sui muri” che suona come un’ovvietà, dato il luogo in cui ci si trova, ma che non sarebbe necessario apporre se i visitatori si dotassero di sufficiente senso civico.
Ci sarebbe poi da sorridere all’idea del divieto all’uso del cellulare imposto anche ai bimbi dell’infanzia, ma si vede che ormai il telefonino è regalo comune da fare ai pargoli appena terminano lo svezzamento.
Più seria appare la questione che riguarda la scuola media superiore, alla quale infatti – stando alle dichiarazioni rilasciate alla stampa – non si estende il divieto. Potremmo chiederci il motivo, se una recente indagine nazionale non ci avesse già risposto rilevando che il 54 per cento degli studenti usa comunemente il famoso dispositivo anche durante le lezioni e non per motivi didattici. Anche questo aspetto la dice lunga sul ruolo educativo che riveste il personale docente nei confronti dei ragazzi, perché se è vero che una battaglia navale, giocata quatti quatti dietro le spalle massicce del compagno, ce la siamo fatta quasi tutti, è altrettanto vero che un cellulare è molto più difficile da nascondere. A meno che si abbiano le fette di salame sugli occhi.
Vien dunque da pensare che estendere il famoso divieto ai piani alti del sistema scolastico, dove albergano anche maggiorenni, rappresenti un rischio non da poco a fronte delle occupazioni, delle manifestazioni di piazza, delle aggressioni a presidi e docenti di cui ogni anno è ricca la cronaca nostrana. Meglio chiudere un occhio e sperare nel grado di maturità degli studenti, ma anche dei loro genitori esperti nell’arte di delegare alla scuola quella fetta di educazione che invece spetta loro di dovere e di diritto? Chissà. Cominciamo col vedere l’effetto che fa il provvedimento sui più piccoli. Fra qualche anno, varcate le soglie delle superiori, potrebbero anche portare avanti di propria sponte la buona abitudine di lasciare spento il cellulare.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.