Maksym Ryabukha, vescovo di Donetsk, è in esilio da quando è iniziata la guerra in Ucraina. La sua città è occupata dai russi, che hanno cacciato i religiosi. “Ogni volta che celebro Messa porto sull’altare la mia gente, compresa quella che si trova nelle località dove non posso arrivare. È questa unità sacramentale che mi fa sentire in totale comunione con l’intero gregge di cui sono pastore”, ha raccontato in una intervista ad Avvenire.
La diocesi del quarantatreenne presule salesiano è da anni sotto le bombe. Gli attacchi sono iniziati nel 2014, ben prima dell’invasione vera e propria. La sua nomina è avvenuta nel settembre 2022, per cui non ha mai conosciuto pace. “La situazione dei nostri fedeli nei territori occupati è drammatica. Qualsiasi attività della Chiesa cattolica è proibita. Le nostre chiese vengono espropriate. I credenti sono allontanati. Spero che non inizino forme di persecuzione come avveniva durante il periodo dell’Unione Sovietica”.
Maksym Ryabukha, il vescovo ucraino in esilio: il racconto della guerra
Maksym Ryabukha al momento vive a Zaporizhzhia, ma anche lì la situazione non è semplice. Sebbene sia ancora sotto il controllo dell’Ucraina, è uno dei territori chiave della guerra. È evidente però che ci sia chi sta peggio. “Ho già percorso 100 mila chilometri per visitare, confortare, incoraggiare le comunità che sono in grado di raggiungere. Per piangere con quanti hanno subìto lutti o distruzione. Per sperare con tutti coloro che hanno ancora la forza di sperare. Domenica scorsa ero a Kostiantynivka e Myrnohrad, due cittadine che vengono continuamente bombardate. C’è disperazione fra la gente. Eppure quando si vede il vescovo al proprio fianco, lo si considera un segno di paternità e di vicinanza della Chiesa. Perché, ti ripetono in tanti, capiamo di non essere soli”, ha spiegato.
La preoccupazione per il futuro è tanta. “Non aiutare il nostro popolo significa favorire la terza guerra mondiale. Senza il supporto internazionale, abbiamo due sole prospettive: o essere cancellati o finire schiavi sotto le bandiere di Mosca”, ha concluso.