Non c’è pace per l’Africa, il continente colonizzato da interessi e poteri di tutto il mondo che sconta un processo di civilizzazione violento e disumano. Nel mirino della guerra e delle lotte per il potere del Burkina Faso è finita la comunità cattolica, colpita in giorno di domenica con un attentato a Essakane che ha spezzato la vita di dodici persone, cui – poco dopo – se ne sono aggiunte altre tre, morte a seguito delle ferite riportate.
Gli autori hanno agito come un commando, penetrato con intenti criminali nel luogo dove si celebrava l’Eucaristia. Analogo quanto accaduto a Natiaboani, un’altra zona del Paese, dove persone armate hanno fatto irruzione in una moschea, uccidendo decine di persone che stavano pregando alle prime luci del mattino. Entrambi i fatti sono avvenuti a poche ore di distanza l’uno dall’altro in un disegno complessivo difficile da negare. Perché si colpiscono i credenti? E perché proprio i credenti che pregano?
Ci sono questioni regionali che chi sta in questa parte del mondo non può neanche immaginare, ma ci sono motivazioni universali che si possono intuire e mettere a fuoco. La religiosità, infatti, a prescindere da chi la viva, è per sua stessa natura un antidoto ad ogni potere in quanto è affermazione di un legame che niente può gestire, dominare, piegare al proprio interesse. La religiosità integralmente vissuta è la vera rivoluzione della storia, perché scardina le dinamiche di sopraffazione proprie degli uomini e pone chiunque davanti a istanze più grandi, non barattabili con gli interessi di chi vorrebbe possedere tutto, anche la vita degli altri. Un uomo che prega è un pericoloso turbamento per i disegni egemoni del mondo perché, pregando, egli confessa un’appartenenza che non è a disposizione dei governi della terra.
È impressionante come cristiani e musulmani, nella comune morte per la loro fede, abbiano la possibilità di riconoscere qualcosa di profondo che li unisce e li rende ultimamente fratelli. È come se il martirio restituisse ai monoteismi la dimensione più autentica del loro credo, che è quel legame col Mistero che viene prima di ogni forma e di ogni annuncio di rivelazione, un legame che fa paura e che inquieta tutti coloro che navigano sulla superficie della vita, in costruzioni economiche e politiche che sono contro l’uomo. Il Burkina Faso è attraversato da anni da un’instabilità strutturale legata all’avanzata del jihadismo, avanzata cui si possono ricondurre anche gli ultimi due attentati in un’incredibile rappresentazione della contrapposizione tra una religiosità autentica e una deriva estremista e violenta della fede. I jihadisti puntano all’eliminazione di ogni forma pacifica di pratica religiosa, in nome di una visione totalitaria della realtà e della libertà. Il governo di Kaborè, al potere dal 2015, fu rovesciato nel 2022 dai militari con l’accusa di essere incapace di contenere l’estremismo islamico. Il nuovo esecutivo, guidato da Damiba, è fatto fuori nell’autunno del ’22 da un altro autocrate appoggiato dai militari, Traorè, incapace di realizzare un’azione energica contro i jihadisti. Si calcola che circa il 40% del territorio del Burkina Faso sia in mano all’estremismo e che questo estremismo riconosca nella fede incarnata il proprio principale avversario in quanto ricorderebbe al popolo che la violenza è contro Dio e che non occorre vivere in modo violento per onorare Dio.
L’Africa si presenta ancora una volta come un laboratorio senza finzioni del mondo in cui viviamo, un laboratorio in cui – come diceva Benedetto XVI – il vero pericolo non è solo un atteggiamento radicalmente ateo come quello dei militari, ma anche l’atteggiamento radicalmente estremista dei monoteismi destinato a generare l’avversario perfetto di ogni velleità laicista. Perché tra la violenza di chi non crede e la violenza di chi crede in modo fanatico, chi ci rimette, chi sta in mezzo, è l’uomo autentico, l’uomo vivo, l’uomo che abita la storia con tutto il suo dramma e le sue domande.
Il futuro dell’Africa non si decide con le derrate alimentari o con le giunte amiche della Cina o dell’Occidente. Il futuro dell’Africa si decide sull’umano, sull’opportunità che ognuno ha di rimanere umano, in piedi, davanti al Mistero, davanti a Dio. A pregare mentre tutti gli altri ti ammazzano.
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