La cronicità dei problemi è un copyright italiano. Limitandoci al mondo della travel & hospitality industry, gli esempi abbondano: i passaporti impossibili, i taxi miraggio, l’overtourism… Fino alla carenza del personale, un gap che da troppo tempo zavorra la qualità dei servizi, se non addirittura la sopravvivenza degli stessi.
Siamo ormai a marzo, un mese a Pasqua, ed è tempo di recruiting, una faccenda che manda i responsabili delle HR in analisi, e che sicuramente non aiuta le programmazioni dei ponti primaverili, ma anche della prossima stagione estiva. Stando a un recente report di Fipe-Confcommercio (i pubblici esercizi), su dati Unioncamere-Excelsior, tra febbraio e aprile 2024, periodo di riapertura anche delle imprese stagionali e della’intensificazione dei flussi turistici in Italia, le imprese turistiche prevedono un fabbisogno di 246.270 addetti. Più precisamente, saranno 172.440 le assunzioni nella ristorazione (il 13% in più rispetto allo stesso trimestre del 2023), un dato che rappresenta il 70% del totale previsto per l’intero settore del turismo (che avrà bisogno appunto di 246.270 addetti nel periodo). Secondo lo stesso studio, le aspettative sulle presenze nel mese di aprile sono positive: dovrebbero quantomeno confermare i numeri del 2023, quando toccarono quota 28 milioni.
Le professioni relative alla ristorazione sono quelle che offrono maggiori opportunità di lavoro: solo nel mese di febbraio la richiesta è di 40.390 addetti. In testa tra le figure professionali più ricercate si confermano i camerieri, con oltre 65.000 profili nel trimestre; seguono i cuochi con 41.720 assunzioni previste e i baristi con oltre 23.900 posti da coprire. Per il 56,7% dei casi si ricerca personale che abbia già esperienza specifica nel settore, a dimostrazione che si privilegia la professionalità, con una preferenza per la fascia di età tra i 25 e i 44 anni. A fronte di questi trend, poco meno di un’azienda su due (il 49,2%) lamenta ancora difficoltà nel reperimento del personale, prevalentemente per il ridotto numero di candidati.
Sempre pochi aspiranti addetti (per le cause stranote: retribuzioni, carichi di lavoro, mancanza di staff house, poche prospettive di crescita professionale), a fronte di un turismo che nel 2024 dovrebbe proseguire nella sua ricrescita post-Covid. Alla prima edizione del Forum Hôtellerie svoltasi a Riccione (organizzata da AlbergatorePro e Zucchetti in collaborazione con Federalberghi, HBenchmark e Nexi) s’è detto (sulla base dei dati dei gestionali alberghieri) che nel periodo maggio-settembre il tasso di occupazione camere s’aggira già sul 21% sulle località costiere, sul 34% ai laghi, 25% in montagna e 18% in città, con una crescita generale fino al +2,5%. Dati che confermano il trend di un sostanziale addio alle prenotazioni sottodata.
Resta però il problema del personale, col mismtach tra domanda e offerta. È il motivo per il quale quasi un’impresa su due nel turismo e nel commercio non riesce a trovare personale, un dato confermato anche dallo studio “Occupazione e mismatch nel turismo e nel terziario” firmato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e Crilda (il centro di ricerca sul lavoro Carlo Dell’Aringa) per Ebn (l’ente bilaterale del turismo) ed Ebn.Ter (del Confesercenti): tra il 2023 e il 2027 il mercato del lavoro italiano avrà bisogno di quasi 4 milioni di nuovi occupati, di cui tre quarti (2,8 milioni) nei servizi: nel commercio e nel turismo, in particolare, la domanda sarà di oltre 760 mila occupati. Mancano però determinate professionalità, che causano difficoltà nel reperimento di nuovo personale anche per la forbice tra le competenze necessarie alle aziende e quelle in possesso dei candidati. Tra le professioni con maggiori tassi di fabbisogno, e al contempo anche maggiori difficoltà di reperimento, quelle della ristorazione e delle strutture ricettive (58,2%) e gli addetti all’accoglienza e all’informazione della clientela (32,5%). “Dalla ricerca – ha detto Dario Domenichini, presidente di Ebn – emerge chiara la necessità di indirizzare i percorsi scolastici verso quei settori a forte richiesta occupazionale, rafforzando la cooperazione tra scuole e imprese per tirocini formativi ed esperienze di apprendistato di primo livello, che non vanno certo abusati ma costituiscono da sempre, soprattutto nel terziario, un primo approccio dei giovani al lavoro in cui comunque occorrono forme di lavoro flessibili per affrontare i picchi stagionali. C’è poi il tema della formazione per la riqualificazione delle attività, su cui si sta investendo poco. Le politiche attive del lavoro sono deboli e inefficienti, soprattutto nel centro-sud, e in materia di politiche migratorie bisognerebbe facilitare l’accesso, soprattutto per la stagionalità, di quei lavoratori formati nei paesi di origine”.
“Occorre rendere attrattivo il settore – ha aggiunto Giovanni Dalò, vicepresidente di Ebn -, i lavoratori del turismo in particolare devono spesso affrontare turni lunghi, condizioni precarie e bassi salari, che disincentivano le lavoratrici e lavoratori a intraprendere questo percorso lavorativo, spesso senza nessuna prospettiva di carriera. Nonostante l’allungamento della stagionalità, si assiste adun numero sempre più ridotto di mesi di contratti di lavoro, che genera periodi di instabilità economica, mancanza di sicurezza sul posto di lavoro e difficoltà nel pianificare il futuro. Occorre garantire una umanità del lavoro che dia dignità all’attività svolta, che non è solo un mezzo per guadagnare denaro, ma anche un modo per realizzarsi”.
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