Schiaffi alla figlia dodicenne per avere mandato delle foto osé ad un diciannovenne: è stata assolta, a distanza di anni, la mamma, che era stata portata in tribunale con l’accusa di maltrattamenti. I giudici, come riportato dal Corriere della Sera, hanno infatti stabilito che “una volta sorpresa la figlia, la signora ha indubbiamente ritenuto di esercitare quel potere/dovere di educazione e correzione dei figli che deve essere riconosciuto in capo a ciascun genitore”. Per questo è stata esclusa la punibilità nei confronti della donna. A parlarne, sulle pagine de La Stampa, è Paola Mastrocola.
La scrittrice, analizzando la vicenda, commenta: “Mi stupisce che una madre, otto anni fa, tirasse ancora schiaffi ai figli. Mi stupisce che si finisca in tribunale. E mi stupisce che il giudice abbia dato ragione alla madre. Non si fa più da anni di educare a suon di schiaffi. La sberla è stata abolita nell’uso comune, rimpiazzata dalla lezioncina morale e dalla contrattazione eterna”. A vincere, nei tempi moderni, è stato il dialogo che però, secondo l’autrice, spesso porta a trattative estenuanti nelle quali “99 volte su 100 il genitore finisce per capitolare. Lo schiaffo era più breve, certamente. Diretto, non ambiguo e spiccio. Ma abbiamo deciso che appartiene all’era troglodita di quando c’era l’autorità e pronunciare quella parola non era un delitto”. Per questo motivo la sentenza del Tribunale, ora, sorprende.
Schiaffi alla figlia 12enne per aver inviato foto osé: “La prudenza…”
I giudici, nella sentenza della figlia alla quale la mamma aveva tirato uno schiaffo perché aveva inviato foto osé via social, scrivono che esiste un “potere/dovere di educazione e correzione dei figli” e nonostante la mamma forse “ha ecceduto nell’impiego della forza per redarguire la figlia”, si tratta di un episodio penalmente irrilevante. I giudici, nella sentenza, ammettono “lo schiaffo educativo”. Quello che, secondo Mastrocola “potrebbe tornare utile a quei genitori che, di fronte, alla bocciatura del figlio, fanno ricorso al Tar o accoltellano l’insegnante”. La ragazzina in questione, secondo la scrittrice, andava fermata per due motivi: la libertà e la questione femminile.
Secondo Paola Mastrocola, infatti, un conto è la libertà sessuale di filmarsi o fotografarsi in intimità e poi inviare video, un conto la prudenza. “Prudenza come perfezionamento della libertà”, spiega a La Stampa. Significa dunque “riconoscere che esiste il male ed esiste il caso e che il mondo ideale purtroppo è solo un’utopia. Abbiamo tutto il diritto di passare sulle strisce pedonali senza guardare l’auto che arriva ma poiché esiste l’automobilista distratto e l’imprevisto, potrei ritenermi libero di passare sulle strisce ma al contempo di essere prudente”. Sulla questione femminile, poi spiega: “Facciamo tanto oggi per combattere il potere maschile maschilista che ci riduce a meri oggetti sessuali e poi noi donne, noi ragazzine, non troviamo di meglio che usare i social per gareggiare a chi si mostra più bella e più sexy”.