L’ultimo sondaggio sullo stato della scuola condotto dall’istituto AlmaDiploma dimostra che quasi il 50% degli studenti diplomati si pente dell’indirizzo scelto dopo la terza media. Un fenomeno che risulta essere in aumento rispetto al 2022 e continua a costituire un peso non indifferente nel futuro di tantissimi ragazzi italiani, che troppo tardi si rendono conto delle loro passioni. Il peso delle conseguenze della scelta di una scuola sbagliata, inoltre, si riflette quasi inevitabilmente anche sulla carriera universitaria, con matricole che si rendono conto di non possedere le conoscenze necessaria a fronteggiare efficientemente il nuovo percorso di studi, con conseguenti ritardi nel conseguimento del titolo o, ben peggiori, rinunce agli studi.
AlmaDiploma: “50% dei diplomati, tornando indietro, cambierebbe scuola”
Insomma, la scelta della scuola, secondo i risultati di AlmaDiploma, dovrebbe essere ripensata, magari tardando il momento della decisione dopo un breve percorso comune o, sul modello francese, un quarto anno di scuole medie. Lo certifica, inoltre, il Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, che nel 2022 ha appurato che l’85% degli studenti italiani sarebbe favorevole a tardare il momento della scelta cruciale. Ipotesi da decenni al vaglio di governi su governi, che non sono mai riusciti a trovare una quadra per riorganizzare il percorso accademico delle giovani menti italiane del futuro.
Secondo AlmaDiploma, sono precisamente il 53,1% degli studenti che si sono diplomati la scorsa estate a dirsi soddisfatti del percorso scelto (erano il 55,6% nel 2022). Il 20% dei diplomati, al primo impatto con il mondo del lavoro o dell’università, si rendono conto di non possedere le conoscenze necessarie, mentre quasi un diplomato su tre si rende conto, dopo il conseguimento del titolo, che avrebbe voluto studiare qualcosa di completamente diverso. Inoltre, il 57,6% dei ragazzi che hanno proseguito gli studi, lamentano, nella scelta della scuola, l’influenza dei genitori. Non a caso AlmaLaurea ha certificato, nelle università, che circa il 30% dei laureati in giurisprudenza hanno genitori avvocati o notai, mentre sono il 40% dei laureati in medicina o farmacologia ad avere genitori impegnati in quegli stessi campi.