Salini e Cdp Equity, rispettivamente primo e secondo azionista di Webuild, giovedì sera hanno annunciato il rinnovo anticipato, fino al 28 febbraio 2027, dell’accordo parasociale. La sottoscrizione del nuovo accordo testimonia l’impegno dei principali azionisti a “garantire continuità negli assetti di governo, manageriali e di azionariato della Società in un ulteriore orizzonte temporale nel corso del quale Webuild sarà, tra l’altro, protagonista della realizzazione di importanti opere infrastrutturali comprese nel Piano nazionale di ripresa e resilienza“. L’accordo originale risaliva all’estate del 2019 quando, nell’ambito del “progetto Italia”, Cdp sottoscriveva 250 milioni dei 600 milioni totali dell’aumento di capitale di Webuild.
Oggi per il direttore sviluppo e business di Cdp Equity, Fabio Barchiesi, a cui l’ad di Cdp Dario Scannapieco ha affidato l’accordo con il ceo di Webuild, Pietro Salini, la partita è cruciale. Per comprenderlo occorre fare due passi indietro.
Il primo passo indietro ci porta alla crisi del settore delle costruzioni italiano iniziata dopo il 2008 e durata fino a tutto il 2020. Dodici anni lunghissimi per una crisi che ha ecceduto qualsiasi previsione. I Governi italiani per rientrare nei parametri di deficit imposti dall’Europa e per evitare che i tagli penalizzassero eccessivamente la spesa sociale hanno tagliato massicciamente gli investimenti in opere pubbliche. Si è arrivati a un punto in cui l’unica grande opera in corso in Italia era la linea 5 della metropolitana di Milano; decisamente troppo poco per un Paese di oltre cinquanta milioni di abitanti. Il risultato è stato la decimazione delle imprese che operavano nel settore, spesso costrette a prendersi rischi eccessivi fuori dai confini pur di tenere in vita le società.
Il secondo passo indietro ci porta a dopo il Covid quando l’Unione europea, per rilanciare l’economia continentale devastata dai lockdown, decide di mettere in campo il “Next Generation Eu” all’interno del quale si inserisce il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). L’Italia, ricordiamo, esce dal Covid con i lockdown più lunghi e intensi dopo quelli cinesi. Arrivano i soldi “europei” in un nuovo quadro in cui alla discrezionalità di spesa, esigua, di alcuni Governi nazionali, fa da contraltare la spesa europea. In due anni vengono avviati tanti cantieri quanto quelli dei due decenni precedenti.
Webuild è l’unico campione nazionale rimasto dopo una traversata nel deserto di dodici anni che ha fortemente indebolito il settore delle costruzioni italiano. Non è un caso che il gruppo guidato da Pietro Salini abbia trovato nel 2019 in Cdp un socio di supporto. Oggi da Webuild passa una quota rilevante dei fondi del Pnrr; in primis, ma non solo, l’alta velocità ferroviaria. Dato il nuovo scenario in cui la discrezionalità della spesa pubblica sale verso Bruxelles, la società e il settore di costruzioni diventano strategici.
Comprensibile, quindi, che Cdp decida di rinnovare il patto e monitorare durante i consigli di amministrazione il progresso dei singoli progetti. Per il direttore sviluppo e business, Barchiesi, questa sfida è strategica e rappresenta un’occasione unica per un ulteriore sviluppo e ammodernamento del “sistema paese” che passa, oggi più che mai, dai fondi del PNRR e dalle opere pubbliche.
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