MINNEAPOLIS – Apro la email. Leggo il primo messaggio che mi capita per mano. “Caro Riro, l’anno scorso ho iniziato a pregare affinché il Signore potesse offrirmi qualche segno sul fatto che il mio lavoro, svolto in gran parte nel mondo secolare, stesse contribuendo o meno alla missione della Chiesa. Non avrei potuto sperare in una risposta più potente di questo invito a parlare al New York Encounter, invito che ho accettato immediatamente. Raramente mi sono sentito accolto e ascoltato come lo scorso fine settimana (16-18 febbraio, ndr). È stato un evento meraviglioso per me, personalmente e spiritualmente. Condivido la tua speranza che le nostre strade si incontrino nuovamente e ti ringrazio dal profondo del cuore per questa esperienza. Che Dio vi benedica”. Tra uno starnuto e un altro – anche il raffreddore è figlio dell’Encounter – vado avanti tra i messaggi. Un altro relatore.
“Sono tornata sana e salva a casa, con il cuore e la mente pieni della bella esperienza dell’Encounter. Complimenti a tutti voi per lo spirito di amicizia, calore e gioia immediatamente percepibili entrando al Pavilion, per essere riusciti a rendere tutto questo un impegno di volontari, per aver messo in moto la creatività di ognuno. Che grande servizio alla Chiesa! Sicuramente ho molto da imparare da CL e da questa esperienza, e mi auguro anche di incontrarci ancora in futuro”.
Vado avanti, next message. Altro ospite, altro regalo.
“Era la mia prima volta all’Encounter e devo ammettere che sono rimasto molto colpito. Non solo il programma era di una qualità incredibile, riuscendo – cosa non facile – a raggiungere e suscitare interesse in persone di così tante provenienze e generazioni diverse, ma avete anche fatto il massimo perché ognuno si sentisse a suo agio, benvenuto, per assicurarvi che qualsiasi domanda o richiesta che potessimo avere trovasse una risposta rapida. Che Dio vi benedica per tutto ciò che fate. Ho trascorso davvero un fine settimana fantastico e ho potuto sentire che anche per altre centinaia di persone è stato cosi grazie a voi e alla meravigliosa squadra che avete riunito”.
E tanti altri messaggi dello stesso tono. Cosa abbiamo fatto? Venti conferenze con una sessantina di speakers, due concerti uno più bello dell’altro, cinque mostre, 450 volontari, oltre 15mila persone a transitare per il Pavilion per sperimentare questo mondo nuovo dentro al mondo, dal garzone di Brooklyn al macellaio del Bronx, dal manager di Manhattan al Premio Pulitzer Donna Tartt presentatasi inaspettatamente per assistere ad una conferenza, miscredenti di destra e sinistra, e cardinali, vescovi, religiosi, religiose…
Dopo 50 anni l’America potenza della scienza e della tecnica è tornata on the moon con Odysseus, il lander lunare. Dopo 16 anni l’America dell’Encounter, piedi ben piantati su questa terra, continua a costruire ponti verso l’Infinito. Con la più grande folla di sempre, che non è un sigillo di qualità, ma resta pur sempre un segno di speranza ed un grande incoraggiamento ad andare avanti. Qualcuno ha definito l’Encounter una “cattedrale”, dove il lavoro di ognuno si compie in quello di tutti gli altri nella creazione di un’opera che ha un volto preciso e proprio per questo non ha paura di tenere le porte spalancate, aperte a tutto e a tutti. Per come sono io, il contest per cantautori con quasi duecento partecipanti è una delle porte spalancate più belle.
Nei giorni dell’Encounter che vedevo crescere davanti ai miei occhi ed ancora adesso, mentre leggo tutti questi messaggi di ringraziamento ed incoraggiamento, continuo a pensare ad una cosa che mi disse don Giussani venticinque anni fa quando la pubblicazione in America dei primi suoi libri cominciò inaspettatamente a suscitare grande interesse tra docenti e gente comune. Ok per la “gente comune”, ma cosa avrei mai potuto fare io che intellettuale proprio non sono con quei filosofi, teologi etc. in cui mi andavo imbattendo? Lo chiesi a Giussani. Mi guardò – come guardava lui – e mi disse: “È molto semplice. Devono sentirsi voluti bene completamente ed incondizionatamente”. La cosa apparentemente più impossibile, eppure l’unica veramente indispensabile.
Non so se stiamo costruendo una cattedrale, ma nel cammino di scoperta e comprensione della realtà che l’Encounter continua a proporre tutto è animato da quel punto “molto semplice”, apparentemente impossibile eppure misteriosamente e miracolosamente presente. È quello il motore di tutto.
God Bless America!
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