Che la missione europea Aspides dovesse assumere una postura esclusivamente difensiva era chiaro fin dall’inizio, quando lo scorso 8 febbraio i ministri degli Esteri dei Paesi europei (su iniziativa del capo della diplomazia UE, Josep Borrell) la votarono all’unanimità per garantire la sicurezza del traffico navale commerciale sul Mar Rosso, minacciato dai continui attacchi dei ribelli yemeniti Houthi.
Come svolgere il compito assegnato? Con l’uso della forza per “ripristinare e salvaguardare la libertà di navigazione nel Mar Rosso e nel Golfo Persico, in linea con la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 2722, approvata il 10 gennaio 2024, in cui si chiede l’immediata cessazione degli attacchi Houthi e si ribadisce il diritto degli Stati membri, in conformità al diritto internazionale, di difendere le loro navi da attacchi, compresi quelli che compromettono i diritti e le libertà di navigazione”. Dunque per scortare le navi mercantili e abbattere eventuali missili o droni che gli Houthi potrebbero lanciare contro le imbarcazioni, senza attaccare preventivamente le postazioni dei ribelli, cioè senza nessuna misura proattiva, che invece l’altra missione angloamericana Prosperity Guardian ha adottato da tempo.
Da allora, i parlamenti degli Stati che si erano dichiarati materialmente pronti a rispondere alla chiamata (Francia, Grecia, Italia, Germania e in secondo piano Belgio e Danimarca) avevano subito evaso la pratica, coprendo l’invio delle loro unità da guerra nel teatro d’operazioni con il necessario ombrello del mandato politico. L’Italia invece ha calendarizzato la discussione al Parlamento con calma, mentre il nostro cacciatorpediniere Caio Duilio era già stato spedito a sparare cannonate (difensive, sia chiaro…) davanti alle coste yemenite.
Probabilmente, dunque, la votazione di ieri alla Camera ha segnato un record: avallare ex post una missione di fatto già operativa, quindi in teoria senza alcuna copertura legale. Un controsenso burocratico che deriva dalla legge che regola la partecipazione dell’Italia alle missioni internazionali, legge (145/2016) che stabilisce l’iter delle autorizzazioni: il Consiglio dei ministri deve informare il Presidente della Repubblica, per poi trasmettere gli atti alle Camere, prima nelle commissioni poi in aula, che devono discuterli e approvarli.
Finalmente, ieri – mentre il comandante dell’intera missione Eunavfor Aspides, il contrammiraglio Costantino, e il capitano di vascello Angelo Quondamatteo, comandante del nostro caccia che ha già abbattuto un drone diretto contro la nave, cominciavano a sentirsi un tantino abbandonati alle proprie responsabilità – la Camera (semideserta nelle introduzioni) ha votato la missione (271 favorevoli, 6 contrari). Un voto preceduto dagli inevitabili tentativi dei partiti di dare connotazioni diverse alla scelta: “Ok alle tre missioni (oltre ad Aspides era al vaglio anche la Levante, per gli aiuti umanitari alla popolazione di Gaza, ed Euam per l’invio di un magistrato in Ucraina) ma nel Mar Rosso sia solo difensiva” (M5s); “Ok alle tre missioni, ma serve una conferenza di pace” (Pd); “No alla missione nel Mar Rosso” (Avs, alleanza verdi e sinistra: “Avevamo chiesto al ministro della Difesa di modificare due parole del testo: da ‘eminentemente difensivo’ a ‘esclusivamente difensivo’, ma così non è stato”).
Eppure, come si diceva sopra, e avverbi a parte, la postura solo difensiva di Aspides era stata ben chiara fin da subito. Bizantinismi, quelli citati, di cui nessuno sente il bisogno insomma, soprattutto in queste emergenze, ma scontati nel perenne clima da campagna elettorale che sembra inquinare l’Italia.
Per Aspides, le spese UE (con tetto a 8 milioni di euro) andranno a carico dello Strumento europeo per la pace (EPF), fuori bilancio. Il resto sarà colmato dai vari Stati. “La missione è fondamentale per il nostro Paese – ha sottolineato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani –, in quanto queste incursioni compromettono l’Italia sul piano economico. L’export marittimo rappresenta il 40% del nostro Pil. L’aumento dei tempi di navigazione per le merci porta ad una vera e propria sofferenza dei Paesi Mediterranei”. La missione Aspides nel Mar Rosso “sarà affiancata da un’attività diplomatica di coinvolgimento dei Paesi della regione: l’obiettivo comune è la de-escalation e i primi incontri a livello tecnico si sono già svolti. Non escludiamo la convergenza con attori non europei. La missione darà risposte necessarie e proporzionate e comunque sempre in mare o nello spazio aereo: in nessun caso Aspides potrà essere coinvolta in operazioni sulla terraferma”.
Nel frattempo, mentre si discuteva, un missile Houthi centrava una portacontainer della MSC, la Sky II, innescando un incendio, in breve domato dall’equipaggio. I terroristi yemeniti avevano più volte dichiarato che i l loro attacchi sono in difesa di Gaza e che i loro bersagli sono esclusivamente carghi angloamericani o comunque diretti verso Israele, e le navi militari che li proteggono. Ma i fatti li smentiscono ampiamente: la nave MSC batte bandiera liberiana, è di proprietà svizzera ed era diretta a Gibuti. “Non mi risulta che né la Svizzera, né la Liberia né Gibuti abbiano mai partecipato in alcun modo al conflitto in atto a Gaza”, dice il ministro della Difesa Guido Crosetto. Difficile dargli torto.
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