Liliana Segre non è d’accordo con l’utilizzo del termine “genocidio” per parlare di quanto sta accadendo in Palestina: “Adesso viene usata per parlare di qualunque cosa, di qualunque guerra, di qualunque battaglia, di qualunque presa di posizione. Mentre io l’ho conosciuta e per miracolo mi ha risparmiata”. Il conflitto in Israele per la senatrice a vita “è una cosa talmente dolorosa che, francamente, spero ogni giorno che finisca”. Parlando ancora della situazione di Gaza, Segre spiega: “A me interessa sempre salvare i bambini, tutti. Gli adulti fanno degli errori di cui le prime vittime sono loro. Non ho la forza per affrontare la televisione ogni giorno, è una cosa che mi turba profondamente, mi dispera”.
A margine della mostra “L’amore non ha colore”, un progetto fotografico del ritrattista Lucas Possiede per l’associazione Mamme per la pelle, in corso al Memoriale della Shoah di Milano. “Io da qui sono partita per andare verso il genocidio, che per miracolo mi ha risparmiata, e vedere queste foto di volti sorridenti, di bambini che vengono da tanti Paesi diversi, ti dà una ventata di ottimismo. In queste immagini la parola razza ha quel significato che le dà la nostra Costituzione: il problema sono i razzisti, non la parola” sottolinea ancora.
Liliana Segre: “Nessuno può restituire quello che abbiamo vissuto”
Tra le parole di Liliana Segre anche un commento al film “La zona di interesse” di Jonathan Glazer vincitore dell’Oscar per il miglior film straniero: “Sarebbe stato meglio intitolarlo La banalità del male, perché è quel che riguarda quella famiglia nella sua villetta civettuola. La vera zona di interesse è dove stavamo noi, con quello che succedeva nei campi di sterminio: lì dentro nessuno sapeva niente di quello che succedeva fuori. Non escludo che il giorno in cui questo film dovesse passare su Netflix mi possa venire stranamente la voglia di farmi male e me lo possa vedere da sola, nel segreto della mia camera. Ma a che pro? Nessun film può restituire quello che abbiamo vissuto. Neppure Schindler’s List c’è riuscito”.
Parlando de “La zona d’interesse“, il film vincitore dell’Oscar, Massimo Ceccherini si era lasciato andare ad una battuta infelice: “Io Capitano non vince, perché vincono sempre gli ebrei”. Le due pellicole si sfidavano come miglior film internazionale. “Quello che sta succedendo adesso è uno zolfanello che si è acceso sotto quell’antisemitismo che noi tutti sappiamo c’è da sempre, solo non era esploso così ufficialmente come adesso. Tornando a La zona d’interesse, intesa come La banalità del male, io direi di leggersi Hannah Arendt e non i post della Ferilli”.