Le Iene presentano Inside torna in onda con una puntata intitolata San Patrignano: Inferno o Paradiso? in cui la Iena Cizco fa un viaggio tra le maglie delle dipendenze dalle droghe con un focus sulla comunità e sulle storie di alcuni ragazzi che hanno affrontato il percorso per disintossicarsi. Un appuntamento televisivo che racconta la storia di chi è entrato nella comunità di recupero di San Patrignano, fondata a Coriano (Rimini) nel 1978 da Vincenzo Muccioli, per provare a capire com’è la vita delle persone al suo interno grazie alle numerose testimonianze raccolte negli anni.
Vincenzo Muccioli è scomparso nel 1995 e la sua comunità è la più famosa d’Italia nel contrasto alle tossicodipendenze. “Accoglie quanti sono afflitti dalle dipendenze e dall’emarginazione perché ritrovino la propria strada attraverso un cammino di recupero che è soprattutto un percorso d’amore”, si legge nel sito web di San Patrignano che, da decenni, si occupa di giovani con problemi di droga in forma completamente gratuita. Negli anni, il centro creato da Vincenzo Muccioli ha accolto oltre 26mila persone fornendo loro l’assistenza sanitaria e legale necessarie per riemergere dal limbo della dipendenza e offrendo a migliaia di ragazzi e ragazze la possibilità di cambiare vita attraverso percorsi di studio e lavoro. Alcuni di loro a San Patrignano hanno intrapreso un percorso alternativo al carcere e negli ultimi 25 anni la comunità ha attivato programmi di riabilitazione orientati al recupero e al reinserimento sociale e professionale. Una storia importante anche per le famiglie di soggetti finiti nel vortice della tossicodipendenza e sulla quale, però, non sono mancate ombre e polemiche.
Chi era Vincenzo Muccioli, fondatore di San Patrignano?
Vincenzo Muccioli è stato il fondatore di San Patrignano, tra i maggiori centri di recupero per tossicodipendenti in Europa. Nato a Rimini nel 1934, durante la sua vita Vincenzo Muccioli ha affrontato due processi, il primo dei quali noto alle cronache come “processo delle catene” che lo ha visto imputato di sequestro di persona e maltrattamenti, accusato di avere incatenato alcuni giovani della comunità, come ricostruisce Il Corriere della Sera. Dopo la condanna in primo grado, è stato assolto in appello nel 1987 con sentenza confermata in Cassazione nel 1990. Il secondo processo, celebrato nel 1994, ricostruisce lo stesso quotidiano, avrebbe condannato Vincenzo Muccioli a otto mesi per favoreggiamento con sospensione condizionale della pena e all’assoluzione dall’accusa di omicidio colposo a seguito della morte in comunità di Roberto Maranzano. Sotto la lente delle polemiche, il “metodo Muccioli” e le accuse di usare la violenza e la privazione della libertà nei confronti di chi era stato accolto nel centro che aveva fondato.
Nel 2021, dopo la diffusione della docuserie Netflix SanPa – Luci e tenebre di San Patrignano, la comunità ha diffuso un comunicato per dissociarsi completamente dal prodotto e dai suoi contenuti: “Il racconto che emerge è sommario e parziale – si legge nella nota –, con una narrazione che si focalizza in prevalenza sulle testimonianze di detrattori, per di più, qualcuno con trascorsi di tipo giudiziario in cause civili e penali conclusesi con sentenze favorevoli alla Comunità stessa, senza che venga evidenziata allo spettatore in modo chiaro la natura di codeste fonti. Per trasparenza e correttezza abbiamo ospitato per diversi giorni la regista della serie la quale è stata libera di parlare con chiunque all’interno della comunità, e abbiamo inoltre fornito l’elenco di un ampio ventaglio di persone che hanno vissuto e o tuttora vivono a San Patrignano e della quale conoscono bene storia passata e presente, in modo da poterle dare gli strumenti necessari per una ricostruzione oggettiva e informata. Tale elenco è stato totalmente disatteso, ad eccezione del nostro responsabile terapeutico Antonio Boschini, preferendo lasciare spazio ad un resoconto unilaterale che paia voler soddisfare la forzata dimostrazione di tesi preconcette. Avevamo espresso fin dall’inizio la preoccupazione per gli effetti che un prodotto televisivo di ricostruzione delle vicende trascorse all’interno della comunità, se non ricostruite e presentate in maniera equilibrata e adeguatamente contestualizzate, poteva avere sulla odierna realtà di San Patrignano, con i suoi oltre 1000 ospiti. Purtroppo, ci troviamo a constatare che i timori erano assolutamente fondati”.