L’avvocato Maurizio Enrico Carlo Giani non si è approfittato delle fragilità e debolezze fisiche e psichiche della madre di Patrizia Reggiani. Lo ha stabilito il giudice del tribunale di Milano, Alberto Carboni, con un’assoluzione in rito abbreviato. Lo riporta il Corriere della Sera, evidenziando come sia stata smontata la tesi accusatoria del procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e del pm Michela Bordieri, secondo cui madre e figlia erano donne ricche, ma indebolite dal loro stato di infermità, e per questo “spolpate” da un gruppo di persone a cui faceva gola il loro patrimonio.
L’avvocato, ad esempio, è stato del tutto assolto dall’accusa di avere il 6 novembre 2018 indotto Silvana Barbieri Regiani, dal letto di ospedale prima della morte, a nominarlo esecutore, con compenso di 100mila euro, di un testamento che fissava un lascito di 4 milioni di euro e che lo incaricava di occuparsi di una Fondazione che ereditasse le quote della “Fernando e Silvana Reggiani Srl“, che comprendono 90 appartamenti e fruttano profitti dai relativi affitti. Invece, il resto dei cespiti improduttivi o gravati da debiti e ipoteche erano stati invece scissi e dirottati nelle società “Mauzia srl” e “Soire srl“. In uno dei due capi d’accusa contestatogli, l’avvocato Maurizio Enrico Carlo Giani – difeso dai colleghi Manfredi Bontempelli e Antonietta Marino – è stato assolto in quanto il fatto non sussiste, mentre nell’altro per non aver commesso il fatto.
PATRIZIA REGGIANI, A PROCESSO L’EX COMPAGNA DI CELLA
La procura di Milano aveva prospettato che anche Patrizia Reggiani, oltre a essere danneggiata nei propri diritti ereditari, sarebbe stata vittima dell’amica Loredana Canò, ex detenuta conosciuta in cella nel 1992. La vedova dello stilista Maurizio Gucci, da lei fatto uccidere a Milano nel 1995 in un delitto per il quale ha scontato una pena di 26 anni, sarebbe stata condizionata dalla Canò, rinviata a giudizio perché sarebbe arrivata a influenzare «pienamente il residuo di volontà che la malattia» al cervello «consentiva a Reggiani», tramite una serie di condotte via via più intrusive.
Come riportato dal Corriere della Sera, ne avrebbe azzerato i rapporti sociali, l’avrebbe convinta a fare guerra alle figlie Allegra e Alessandra per gestirne il vitalizio, sarebbe andata a vivere a casa sua e avrebbe acquisito la gestione dei domestici. Inoltre, poteva «rispondere al telefono o alle mail al posto suo, registrare di nascosto le conversazioni, predisporre copioni che Reggiani leggeva negli incontri con gli estranei e ad esempio con il giudice tutelare, farsi delegare a operare sui conti e nelle assemblee societarie».
CASO EREDITÀ PATRIZIA REGGIANI, GLI ALTRI RINVII A GIUDIZIO
Dopo la morte della madre di Patrizia Reggiani, secondo la procura di Milano, sono entrati in gioco anche il consulente finanziario, in due importanti banche, Marco Chiesa, che Loredana Canò e un altro legale all’epoca amministratore di sostegno (già uscito dal processo con un patteggiamento a due anni) avrebbero sostenuto per la gestione finanziaria delle società. Dalla stipula di una polizza vita da 6,6 milioni di euro con beneficiari per un terzo Canò, per un terzo la compagna del padre di Chiesa (che ha già patteggiato 10 mesi) e per l’ultimo terzo il compagno di università e testimone di nozze dell’amministratore di sostegno Marco Riva, presidente del Coni Lombardia. Se Chiesa è stato rinviato a giudizio, lo stesso non è accaduto a Riva, perché il giudice ha disposto il non luogo a procedere in quanto il fatto non costituisce reato.
Quindi, è stato prosciolto dall’accusa di aver accettato di fare l’amministratore solo formale della “Soire srl” e da lì di aver autorizzato pagamenti a Chiesa (41mila euro), a Canò (38mila euro) e a all’ex amministratore di sostegno per consulenze controverse, «facendosi pagare come prestanome 15.000 euro a titolo di compenso per attività non effettivamente svolte». Il processo si occuperà anche del furto del 2017 a casa di Patrizia Reggiani di due anelli, un braccialetto e una collana, fatti passare come rubati da qualche domestico, ma imputato a Loredana Canò, e dei 15mila euro in contati chiesti a Discovery+ per un’intervista resa da Patrizia Reggiani.