Negli ultimi anni, e in particolare dallo scoppio della pandemia e dall’imposizione delle limitazioni personali, si assiste ad un aumento del numero di minori a rischio, costretti a rivolgersi (personalmente o su disposizione di un giudice) alle Comunità di accoglienza. Queste ultime, però, sembrano essere sempre più in affanno, con una riduzione dei fondi disponibili e, di conseguenza, degli operatori e si moltiplicano su tutto il territorio le chiusure.
L’allarme sulle Comunità per minori a rischio è stato lanciato, tra gli altri, da Livia Marelli, referente per l’infanzia di Cnca (Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza), sulle pagine del Corriere. “C’è una situazione di grave crisi rispetto alla tenuta complessiva del sistema“, evidenzia, sottolineando il particolare l’esigenza che si eviti “una progressiva dismissione proprio in un contesto di evidente crescita del disagio minorile”. A livello numerico (con stime piuttosto lacunose e riferite, peraltro, al 2020), si trovano in Comunità circa 23.122 ragazzi a rischio, dei quali 20.377 sono minori (5.282 stranieri non accompagnati) e i restanti neo maggiorenni, con un +6,8% rispetto al dato del 2019 (21.650). Sulle 3.605 strutture, si rileva un tasso medio di ospiti pari a 6,4.
Marelli: “Comunità per minori al collasso, tra fondi e operatori che scarseggiano”
Complessivamente, i minori a rischio, evidenzia sempre sul Corriere Carla Garlatti (Autorità garante per l’infanzia), escono dalle Comunità per rientrare, se italiani, nelle loro famiglie d’origine “perché scaduti i termini o perché sono state superate le criticità all’origine dell’affido”. Più rara l’alternativa dell’affido, con l’effetto che ne soffrono le conseguenze soprattutto gli ospiti stranieri non accompagnati (quei 5.282 di cui prima), che “escono da una comunità per entrare in un’altra” in un circolo del tutto inutile.
Marelli, sempre sul Corriere, cerca anche di tracciare un po’ le ragioni per cui le comunità per i minori a rischio siano prossime al collasso, se non già nel pieno del fenomeno. “Da una parte”, riflette, “c’è un indubbio aumento di richiesta“, non compensata dall’altra parte, dove si rileva “una parallela contrazione delle risorse comunitarie”. La conseguenza ovvia è che si creano “lunghe liste d’attesa che fanno arrivare tardi i minori a rischio in Comunità”, al punto che sono ormai “già molto compromessi”. Un problema differente riguarda, invece, i neo 18enni, che seppur possano vedersi prorogata la presa in carico fino ai 21 anni, sono limitati da “un processo di autonomizzazione” economica. Questo, però, non è sempre facile, specialmente per gli ospiti stranieri senza famiglia a supporto. Presto verranno presentate nuove linee guida di indirizzo per le Comunità, ma il problema, conclude Marelli, è che “per funzionare tutte le Regioni dovrebbero ratificarle, cosa che non è avvenuta per le linee precedenti”.