L’EMENDAMENTO AL DECRETO PNRR
Come spiega Italia Oggi, “il divieto per le pubbliche amministrazioni di attribuire incarichi retribuiti a lavoratori in quiescenza potrebbe conoscere presto un’altra deroga”. Infatti, un emendamento al Decreto Pnrr in commissione Bilancio alla Camera, firmato da deputati di Svp, Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia, Alleanza Verdi e Sinistra e Partito democratico, consentirebbe la deroga anche alle “amministrazioni impegnate per gli interventi di ricostruzione, pubblica e privata, conseguenti al Sisma del 2009 e del 2016”. In questo modo si potrebbe “assicurare la continuità dell’azione amministrativa e facilitare la realizzazione degli investimenti finanziati con le risorse del Piano nazionale per gli investimenti complementari al Pnrr”. Gli incarichi potranno essere attribuiti a pensionati “anche se provenienti dalla stessa amministrazione conferente, che abbiano maturato significative esperienze e professionalità tecnico-amministrative, nel campo della programmazione, gestione, monitoraggio e controllo dei fondi pubblici”. La deroga dovrebbe valere fino alla fine del 2026.
L’APPELLO DELLO SPI-CGIL SU RIFORMA PENSIONI E TEMA CONTRIBUTIVO
Il sistema contributivo resta sempre al centro delle discussioni in merito alle possibili ipotesi di riforma pensioni per i prossimi anni: come ha spiegato ad esempio di recente Tania Sacchetti, nuova Segretaria generale dello Spi–Cgil, il Governo deve provvedere al più presto con la correzione del sistema contributivo per evitare futuro gravoso per i nuovi pensionati.
Intervistata dal portale “Collettiva.it” – e riportata da PensioniPerTutti.it – la leader dei pensionati Cgil sottolinea come tematica centrale debba essere oggi i correttivi da attuare al contributivo: «il sistema è strettamente legato al mercato del lavoro. È dunque evidente che se non correggiamo gli squilibri del sistema contributivo e del mercato del lavoro in futuro avremo pensionati poveri. Non si scappa. Vorrei sottolineare che è un tema che non riguarda solo i pensionati ma l’intera società del futuro». (agg. di Niccolò Magnani)
LE PAROLE DI VERRECCHIA
Come riporta Adnkronos, a Gorizia è stata aperta da Giovanni Verrecchia una camera sindacale con Caf e Patronato. Dal suo punto di vista, “in Italia nelle relazioni sindacali siamo rimasti indietro di trent’anni. I soloni dei ‘grandi’ sindacati continuano a predicare la tutela dei diritti dei lavoratori, professando il contrasto alle azioni di governo in merito a pensioni e sanità, oltre a tanti altri problemi”. Riguardo al tema particolarmente sentito della riforma delle pensioni, Verrecchia fa notare che “dal novembre 2011 fino al settembre 2022 i sindacati tradizionali sono stati silenti e distratti. Non hanno proferito parola sulla macelleria sociale scatenata dalla legge Fornero!”. Verrecchia intende anche evidenziare “come certi ‘sindacati’, anziché svolgere il loro compito istituzionale, fanno lavoro politico solo ed esclusivamente per il loro tornaconto! Spesso a danno dei lavoratori, che vengono chiamati a scioperare, sempre di venerdì, perdendo una giornata di stipendio”.
IL CHIARIMENTO INPS PER I MEDICI IN PENSIONE
Per i medici in pensione che hanno utilizzato Quota 100, Quota 102 e Quota 103 non arrivano buone notizie nel caso abbiano deciso di accettare degli incarichi di lavoro autonomo. Infatti, l’Inps, con il messaggio 1259 del 27 marzo 2024 ha ricordato che il Decreto Milleproroghe ha prorogato fino a fine anno la possibilità di richiamare in servizio il personale medico in quiescenza come è stato possibile di fatto dal 2020 per aiutare il sistema sanitario a fronteggiare l’emergenza pandemica. Tuttavia, a differenza del passato, coloro che sono andati in pensione anticipata con il sistema delle quote non potranno cumulare l’importo della pensione con il reddito da lavoro autonomo a meno che non abbiano già compiuto 67 anni, che rappresenta l’età standard per la pensione di vecchiaia. Dunque, c’è il rischio, per chi fosse più “giovane” di vedersi sospesa l’erogazione della pensione per tutto il 2024.
RIFORMA PENSIONI, L’ANALISI DI DAMIANO
In un recente articolo pubblicato sull’Unità, dedicato ai danni per l’economia che produce la disuguaglianza di genere, Cesare Damiano parla anche del gender gap previdenziale, spiegando che “carriere saltuarie e più brevi, retribuzioni più basse che producono contribuzioni ridotte, producono, implacabilmente, la povertà pensionistica” per le donne. Di fatto, oltre alle rigidità della Legge Fornero, “si è manifestata, nelle ultime due leggi di Bilancio – 2023 e 2024 – prodotte dal Governo Meloni, una stretta ulteriore. Che, inevitabilmente, colpisce le donne in primo luogo. Lo scorso anno si contano 765mila nuove pensioni che rappresentano un meno 12% sul 2022. A crollare sono, ovviamente, le pensioni anticipate. E l’arretramento più vistoso investe le donne: meno 28,5%, mentre gli uomini ‘pagano’ il 7,4%”.
LA STRETTA SU OPZIONE DONNA
L’ex ministro del Lavoro si sofferma in particolare sulle vicissitudini che hanno riguardato Opzione donna, i cui requisiti di accesso sono stati sempre più ristretti (tramite l’innalzamento dell’età anagrafica e le condizioni necessarie per poterne usufruire) fino a rendere di fatto possibile il suo utilizzo soltanto a poco più di 11.000 italiane. Il tutto per un assegno pensionistico di valore ridotto, visto che Opzione donna prevede il ricalcolo contributivo pieno. Per Damiano, “la mancata evoluzione delle condizioni di lavoro delle donne è un problema di massima gravità per l’Italia. La giustizia sociale produce anche maggiore ricchezza. Tener fermo il progresso della condizione delle lavoratrici è un feroce danno autoinflitto a tutto il Paese”.
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