Il Governo ha deciso che va chiusa la stagione della cessione indiscriminata dei bonus agevolativi e non solo di quelli di natura edilizia, ponendo fine al conio indiscriminato della moneta fiscale. Il rischio per la finanza pubblica è concreto e già sono all’orizzonte le inevitabili ripercussioni per i conti dello Stato, delle aziende e dei cittadini. L’agevolazione nelle intenzioni doveva avere un carattere temporaneo, ma ha finito per diventare un elemento stabile. Non aveva un controllo e un monitoraggio preventivi e ha continuato a non averli.
La possibilità di cedere i crediti ha fatto leva sulla casa, uno degli amori degli italiani, per stimolare la ripresa dell’economia messa in ginocchio dalla pandemia. Gli italiani hanno riposto subito e con entusiasmo. Non gli è sembrato vero di poter ristrutturare casa guadagnandoci o, comunque, non impegnando da subito i propri soldi per poi recuperarli con detrazioni in dichiarazione o attraverso la compensazione. Che l’idea iniziale potesse funzionare non era un’intuizione geniale. La bontà della “intuizione” è stata confermata dall’Istat che proprio in questi giorni ha comunicato che il settore delle costruzioni è in crescita anche nell’anno in corso. Non è chiaro se il dato rilevato sia legato solo al cambio della normativa di riferimento varato a fine 2023. Il Governo, di fronte a questa fiammata, ha adottato, forse perché sopraffatto dall’incertezza e dall’assenza di informazioni concrete sul vero ammontare dei crediti fiscali in giro, un nuovo provvedimento.
Il quadro che si è delineato in questi anni di operatività della cessione dei crediti consente di affermare che tutti i Governi hanno commesso lo stesso errore dimostrando di non aver imparato dalle esperienze del passato. Altrettanto si può affermare che hanno sbagliato i soggetti istituzionali che hanno il compito di supportare l’azione del Governo. In particolare, non si è imparato dall’esperienza della Tremonti Sud che riconosceva un incentivo agli investimenti da farsi nelle aree svantaggiate.
All’epoca, con il cambio del Governo, ci si rese conto che la misura introdotta non prevedeva un meccanismo capace di quantificare il vero ammontare dell’agevolazione che si era messo in campo. Ciò indusse il Ministro Visco a introdurre due adempimenti, uno volto al monitoraggio dei crediti già maturati e uno preventivo che si proponeva di quantificare il credito che sarebbe maturato sugli investimenti che le aziende intendevano effettuare. Nella condizione attuale non avendo informazioni certe si è deciso, solo oggi, di contare il monte dei crediti fiscali.
Con il decreto approvato in questi giorni, infatti, è stato previsto che entro il prossimo 4 aprile andrà comunicata la cessione della quota di agevolazione maturata per il 2023 che si vuole cedere ed è stato annullato il salvagente del 15 ottobre che prevedeva, a pagamento, la remissione in bonis. Si è stimato che questa comunicazione coinvolgerà circa 40 miliardi di potenziali crediti fiscali maturati nel corso del 2023. Chi non riuscirà a comunicare la cessione a una banca o a un’impresa potrà utilizzare la detrazione solo all’interno della propria dichiarazione dei redditi che poi era il meccanismo iniziale degradato.
A essere colpiti saranno coloro che non sono riusciti a trovare un acquirente. Si tratta di una situazione molto frequente, dal momento che il mercato di banche e intermediari finanziari ha progressivamente chiuso, con poche eccezioni, a ogni possibilità di cessione.
I cantieri beneficiari del superbonus, in corso o ancora da aprire, dovranno provvedere a trasmettere una comunicazione, pensata per tenere sotto costante monitoraggio l’andamento della spesa pubblica, nella quale andranno indicati i lavori previsti per il 2024 e per il 2025 (oggetto della comunicazione è la rilevazione dei dati catastali relativi all’immobile oggetto dei lavori, l’ammontare delle spese sostenute nel 2024 fino all’entrata in vigore del decreto e quelle che si prevede saranno sostenute successivamente al decreto negli anni 2024 e 2025, ecc.).
L’importanza attribuita a questi dati è molto evidente se guardiamo alle sanzioni previste per chi non provvederà all’adempimento. L’omessa trasmissione dei dati è punita con una sanzione amministrativa di 10.000 euro per i cantieri attualmente in corso. Chi invece si appresta ad avviare un nuovo intervento e non comunica i dati potrà incorrere nella decadenza dall’agevolazione fiscale per la quale non sono previsti i tempi supplementari della remissione in bonis.
Il nuovo adempimento si applicherà anche alle cessioni di crediti prodotti dagli investimenti innovativi di Transizione 4.0 per i quali è prevista anche la comunicazione preventiva al pari di quella prevista per gli investimenti 5.0.
L’auspicio, quindi, è che chiusa questa finestra, si potrà fare un bilancio definitivo di cessioni e sconti in fattura e avviare la programmazione della spesa pubblica.
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