STOCCARDA – C’è una cosa che accomuna le economie di Cina e Germania: entrambe registrano un flusso netto di capitali in uscita dal Paese. Il deflusso netto di capitali dalla Germania aveva subito un calo tra il 2014 e il 2018, per poi risalire a partire dal 2019. Il dato relativo al 2022 (132 miliardi di dollari) rappresenta il valore più elevato tra i paesi dell’Ocse. A differenza della Cina, il fenomeno non si ripercuote sui mercati azionari: il Dax veleggia sui massimi, in allineamento con gli indici statunitensi.
Su ZDF, il giornalista italo-tedesco Markus Lanz apre l’ennesimo dibattito sulle cause della crisi con una domanda provocatoria: che fine ha fatto la proverbiale “Fleiß” tedesca (un connubio tra “voglia di lavorare” e “capacità lavorativa”)? L’imprenditrice Andrea Thoma-Böck esprime la sua preoccupazione per la competitività della Germania: lo Stato rende la vita troppo difficile alle imprese, molte delle quali non resistono e si trasferiscono all’estero. Inoltre, l’idea che molti giovani hanno del mondo del lavoro è, secondo Thoma-Böck, del tutto irrealistica. L’introduzione della settimana lavorativa di quattro giorni (di cui ogni tanto si discute) non aiuterebbe la Germania a tenere il passo con i principali competitor.
Herbert Diess, ex Ceo del gruppo Volkswagen e attuale Presidente del Consiglio di sorveglianza di Infineon, vede le cose in modo leggermente diverso. Il manager sottolinea il ruolo fondamentale del trend demografico: ci sono molti meno giovani che in passato. La Fleiß (soprattutto nel senso di “voglia di lavorare”) è un po’ diminuita rispetto al primo dopoguerra, ma in modo del tutto fisiologico e in linea con i principali Paesi sviluppati. Secondo Diess, le giovani generazioni hanno ancora voglia di mettersi in gioco, soprattutto nel campo delle start-up e delle nuove tecnologie. Molti giovani sono inoltre impegnati in prima linea sul fronte ambientale.
Nel frattempo, il barometro dell’economia sembra rasserenarsi. L’indice IFO (calcolato in base a un sondaggio che coinvolge circa 9.000 manager) è salito a 87,8 punti a marzo, rispetto ai 85,7 del mese precedente (gli esperti si aspettavano un aumento inferiore). Il sentiment economico è sensibilmente migliorato nel settore manifatturiero e in quello dei servizi, mentre nel settore dell’edilizia si è registrato un miglioramento più contenuto. “Dopo il minimo storico del mese precedente, le aspettative sono in rialzo”, ha commentato il presidente dell’IFO Clement Fuest. Per prendere slancio, alle aziende servirebbe una boccata di ottimismo.
Grazie al duro lavoro del Parlamento, molte boccate sono in arrivo, non di ottimismo però (o non solo). Diverse voci provenienti dalle file dell’Unione Cdu-Csu lasciavano supporre che l’entrata in vigore della legge sulla cannabis potesse essere a rischio. Il Primo ministro della Sassonia, Michael Kretschmer, ha definito la legalizzazione parziale della cannabis un “colossale errore della politica tedesca”, le cui conseguenze “ci riguarderanno per decenni”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche il capogruppo della Csu al Bundestag, Alexander Dobrindt, che riteneva la legge non migliorabile e solo cestinabile.
E invece il Bundesrat ha approvato il consumo, il possesso e la coltivazione della cannabis in quantità limitate: la legge è entrata quindi in vigore come previsto il 1° aprile. L’erba sarà inizialmente disponibile solo attraverso i cosiddetti “cannabis social club” con un massimo di 500 membri ciascuno. In alternativa, i consumatori potranno coltivare le piante comodamente a casa propria. Oltre al ministro della Sanità Karl Lauterbach, la legge annovera fra i suoi sostenitori anche il ministro delle Finanze Christian Lindner, secondo il quale in tema di salute la distribuzione controllata è meglio del mercato nero. Forse Lindner intravede la possibilità di sistemare qualche buco di bilancio tassando gli avventori dei cannabis club?
Chiudiamo infine con una buona notizia, come sempre cerchiamo di fare. Dopo un lungo braccio di ferro, la Deutsche Bahn e il sindacato GDL dei macchinisti hanno raggiunto un accordo, che prevede una riduzione graduale dell’orario di lavoro settimanale da 38 a 35 ore entro il 2029, a parità di stipendio. Si tratta di una vittoria del sindacato GDL, anche se non tutte le riduzioni di orario avverranno in modo automatico.
La situazione dei trasporti rimane caotica, anche a causa dei molti cantieri aperti, ma almeno c’è un barlume di speranza che gli standard di servizio possano tornare se non proprio sui livelli svizzero-giapponesi, perlomeno su quelli sud-europei.
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