“La navigatrice Cristoforo Colombo sbarcò in America nel 1492 e la conquista non fu un bel segnale per le native di quelle terre lontane: di lì a qualche anno, le spagnole e le portoghesi si impadronirono infatti delle loro ricchezze gettando le basi del nuovo Stato che nascerà tre secoli più tardi con la presidente Abraham Lincoln”. Il passaggio, tolto da un manuale scolastico di storia dell’anno passato, 2049 (purtroppo è occorso un quarto di secolo da quando l’Università di Trento – era il 2024 – varò il “femminile sovraesteso”, tempo necessario per poter superare le pastoie burocratiche, che in Italia sono dure a morire, e le mentalità retrograde di certa cultura cattoliberale) ha decretato la definitiva scomparsa del doppio genere maschile-femminile in ogni sorta di testi e documenti, ciò che ha vessato per millenni le società di ogni epoca e latitudine. Un piccolo passo per la donna, ma grande per l’umanità, come disse la astronauta Armstrong quasi un secolo addietro.
Del resto, ormai più nessuno mette in dubbio le parole dell’allora rettore (si definiva ancora così, nel comunicato, ma sarà stato un errore di stampa) dell’ateneo trentino, Flavio Deflorian quando, proponendo “senza obiezioni” a fine marzo di quell’anno il nuovo Regolamento generale, parlava di “la presidente, la rettrice, la segretaria, le componenti del Nucleo di valutazione, la direttrice del Sistema bibliotecario di Ateneo, le professoresse, la candidata, la decana… Termini come questi sono dunque citati e ripetuti più volte in riferimento a tutte le persone a prescindere dal genere, nelle quasi cinquanta pagine che compongono il nuovo Regolamento”.
Poveretto: “Come uomo – aveva ammesso senza pudore dopo la prima stesura del testo, ancora vergognosamente al maschile – mi sono sentito escluso. Questo mi ha fatto molto riflettere sulla sensazione che possono avere le donne quotidianamente quando non si vedono rappresentate nei documenti ufficiali”.
In effetti, da allora molte cose sono cambiate e anche se la confusione linguistica regna sovrana nel Bel Paese (non così in Germania che, recependo proprio nel 2024 il Regolamento generale delle autorità dello Stato libero di Baviera, ha vietato il linguaggio inclusivo “perché escludente e poco chiaro”, mostrando ancora una volta l’arretratezza tipica teutonica) ci sentiamo tutte più libere. Manca ancora la gravidanza maschile, ma è solo questione di tempo. A ridicolo baluardo di quella cultura anche linguisticamente primitiva rimane solo il Vaticano, dove chi comanda continua a farsi chiamare papa anziché papessa, come sarebbe più logico e più rispettoso delle identità. Davvero il più piccolo Stato del mondo è rimasto anche il più retrogrado, sebbene da tempo nei documenti il sostantivo “fratelli” usato da Cristo nei Vangeli sia stato opportunamente aggiornato col binomio “fratelli e sorelle” che sicuramente avrebbe usato anche la fondatrice del cristianesimo.
Ma qui stiamo parlando del passato e anche chi scrive (che, ormai superato il secolo di vita, non ricorda più il genere cui appartiene) deve stare attenta a non incorrere in certi errori grammaticali che appartengono ad un altro tempo. Anzi, al femminile: ad un’altra era geologica.
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