Russia e Ucraina arruolano altri uomini: i primi per attaccare, i secondi per difendersi il più possibile. Kiev, però, senza aiuti occidentali, è veramente sull’orlo della sconfitta. A salvarla potrebbe intervenire il piano Stoltenberg, segretario generale della NATO, che in occasione dei 75 anni dell’Alleanza avrebbe pensato a un fondo da 100 miliardi in cinque anni per sostenere l’esercito ucraino.
Di pace, però, spiega Vincenzo Giallongo, generale dei carabinieri in congedo con all’attivo missioni in Iraq, Kuwait, Albania e Kosovo non si parla: Zelensky, che prima parlava di contrattacco e ora ha varato una strategia difensiva, avrebbe bisogno di un bagno di realismo per mettersi al tavolo ed evitare danni peggiori. Ma le posizioni restano troppo rigide e la prospettiva rimane ancora quella della guerra, nella quale, tuttavia, l’Ucraina ora sta rischiando molto di più. Non per niente adesso la possibilità di un cedimento del fronte difensivo è ammessa dagli stessi ufficiali ucraini, mentre il ministro degli Esteri Kuleba chiede a gran voce di avere missili Patriot.
I russi arruolano 147mila nuovi soldati e gli ucraini abbassano di due anni (da 27 a 25) la coscrizione obbligatoria. La guerra è un impegno sempre più gravoso?
Mancano gli uomini sia all’Ucraina, che se li prende obbligandoli ad arruolarsi, sia alla Russia, che però cerca volontari. Putin trova nuovi soldati, per quello che sappiamo, andando a prenderli nelle campagne e promettendo buoni stipendi. In un Paese così, comunque, trovare 100mila persone a fronte di una buona retribuzione non dovrebbe essere un problema.
Gli ucraini prima parlavano della necessità di 500mila soldati; ora non specificano quale sia la cifra, ma dichiarano che hanno bisogno di molti meno uomini. Dipende dalla differente strategia?
In realtà, 500mila sono veramente tanti, sarebbe stato difficile trovarli: dove li prendevano? C’è anche tanta gente che è scappata. Credo che se arrivassero a 50-60mila sarebbe già un buon risultato. Il loro obiettivo ormai è difendere il territorio. Finché mancano i supporti americani, c’è solo da sperare in questo. Mi chiedo, comunque, fino a quando si potrà mantenere questa strategia difensiva: fino alle elezioni americane? È un azzardo. Se dovesse vincere Trump e l’Ucraina dovesse essere abbandonata a se stessa, probabilmente non ci saranno più neanche trattative: la Russia non avrà più ostacoli.
Dalla NATO, però, in occasione dei suoi 75 anni, arriva il piano di Stoltenberg, che pensa a 100 miliardi in cinque anni per sostenere l’Ucraina, un fondo costituito con contributi degli alleati che renderebbe l’aiuto a Kiev indipendente dalle decisioni di Trump. Può funzionare?
Credo che sia necessario che l’Europa inizi a muoversi autonomamente. La Russia ha diversi interessi: con l’occhio sinistro guarda alla Georgia e con quello destro alla Moldavia, ma ha interessi anche per il corridoio di Suwalki, per raggiungere Kaliningrad senza doverci arrivare via mare o via aereo. E qui passa su territori dell’Alleanza atlantica, dei Paesi baltici. Se gli europei non battessero i pugni sul tavolo, potrebbe diventare un fronte caldo. Dobbiamo pensarci seriamente, non dico in vista di un conflitto, ma se si vuole la pace bisogna prepararsi alla guerra. Se il nemico capisce che sei forte, ci pensa due volte ad attaccare. L’idea di Stoltenberg non mi sembra malvagia. Io continuo a dire che ci sarebbe bisogno di un vero esercito europeo, che, a fianco di armamenti convenzionali, faccia vedere un armamentario nucleare disponibile. Ai francesi non manca.
Mentre l’Ucraina prepara una linea difensiva anche intorno a Kiev, l’Institute for the Study of War (ISW), americano, ipotizza un possibile attacco russo nel Donetsk per consolidare le acquisizioni territoriali. È uno scenario teorico oppure una possibilità concreta? Di fronte a un’iniziativa come questa, l’Ucraina potrebbe crollare?
Putin lo vuole fare da tempo, la ricerca di altri 147mila uomini è un segnale. Pensavo che un attacco del genere arrivasse prima, anche se dipende sempre dalle condizioni meteorologiche, dal clima. Se i russi prendessero l’iniziativa, l’Ucraina potrebbe collassare; è veramente agli sgoccioli, come uomini e come armamenti. Deve usare un missile ogni tre droni perché non ne ha più e deve risparmiare, decidendo quali sono gli obiettivi che devono essere difesi. I russi vogliono approfittarne prima delle elezioni americane. Putin, infatti, sa che è in arrivo una stagione in cui i mezzi pesanti possono muoversi più velocemente e che, quando ci si avvicina al voto, c’è sempre un vuoto di potere.
Gli ucraini, intanto, hanno decuplicato la produzione di droni a lunga gittata, che usano per incursioni sul territorio russo, colpendo depositi di carburante o per obiettivi sul Mar Nero, prendendo di mira la flotta nemica. Quanto possono incidere sulla situazione militare?
Possono dare fastidio e causare perdite ingenti dal punto di vista economico e da quello del personale, ma questo a Putin non interessa; deve raggiungere i suoi obiettivi e sa che dovrà pagarne lo scotto. I droni non possono far male più di tanto se non sono supportati da un forte contributo aereo e da una struttura missilistica che metta paura alla Russia.
Gli aiuti americani ormai non arriveranno più all’Ucraina?
Arriveranno solo se Biden vincerà le elezioni. Gli USA hanno interesse ad aiutare Israele, a cui continuano a fornire materiale bellico. Il presidente non può tenere il piede in due staffe perché, in questo momento, non glielo permettono. Se verrà rieletto, si vedrà.
Ma perché nessuno prende in considerazione la possibilità di un accordo con la Russia, concedendo territori ma limitando i danni e prendendo tempo per prepararsi a dovere ed evitare altre eventuali operazioni russe? È un’idea così poco praticabile?
Ci sono posizioni molto rigide da entrambe le parti: Putin dice che vuole certe regioni e quello che ha conquistato se lo tiene; Zelensky, che non ha mai fatto politica, non vuole cedere. Da un certo punto di vista, c’è da capirlo. Se fosse l’Italia, sarebbe come se gli dicessero: “Ti portiamo via Lombardia, Piemonte e Veneto”, cioè le tre regioni più ricche.
È anche vero che Zelensky, che prima voleva attaccare e ha mandato via il suo capo di stato maggiore Zaluzhny perché suggeriva una linea più difensiva, ora che ha nominato un nuovo capo delle forze armate, ha scelto proprio di difendersi. La realtà lo ha costretto a cambiare idea. Un po’ di sana realpolitik non potrebbe indurlo a un negoziato, almeno per evitare guai peggiori?
Non è un uomo che faceva politica né aveva esperienza militare; deve sbattere il muso contro la realtà prima di rendersi conto della portata del problema. Per molti aspetti, ha cercato di resistere, ma il mestiere non lo conosce. Mi auguro che, da qui all’inizio dell’estate, dove prevedo un forte contrattacco russo, apra spiragli per sedersi a un tavolo di pace.
Di negoziati, quindi, non vediamo neanche l’ombra?
Sono stati fatti diversi tentativi, ma sono falliti. Presumo che si cerchi di abbassare i toni per poi tornare a riparlarne fra qualche settimana, con qualche nuovo Paese che faccia da mediatore. Purtroppo anche gli europei, che dovrebbero essere interessati più a questa guerra che all’altra, guardano al Medio Oriente perché gli Houthi hanno bloccato loro i traffici commerciali nel Mar Rosso. Non si rendono conto che l’avvicinamento della frontiera russa all’Europa, nel medio termine, creerà problemi molto più grandi.
Un’altra ipotesi uscita in questi giorni è che gli americani, visto che non riescono a rifornire direttamente l’Ucraina, si affidino alla Turchia per fare arrivare gli aiuti militari. Erdogan, abilissimo a mantenere i rapporti con tutte le parti in causa, troverebbe il modo per prestarsi?
Erdogan non si sa mai cosa pensa, ma se lo paghi, le cose le fa: è molto sensibile ai quattrini. Quindi potrebbe essere una strada.
(Paolo Rossetti)
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