La Spagna spodesta l’Italia nella classifica dei flussi di migranti verso l’Europa. Nei primi mesi dell’anno la rotta atlantica, che dall’Africa porta alle Canarie, ha surclassato quella del Mediterraneo centrale, che da Libia e Tunisia approda a Lampedusa. In questo periodo, infatti, mentre da noi sono sbarcate oltre 11mila persone (-60%), sulle coste iberiche ne sono giunte più di 16mila (erano 4287 negli stessi mesi 2023 +276,9%).
Le ragioni di questo cambiamento sullo spostamento dei migranti, spiega Mauro Indelicato, giornalista de Il Giornale e di InsideOver, risiedono nel giro di vite operato da Tunisi, che ha aumentato i controlli sui trafficanti probabilmente dopo aver ricevuto almeno una parte dei soldi promessi dal Memorandum firmato con l’UE. E mentre in Libia, dove le guerre tra le milizie rendono meno sicuri anche gli affari degli scafisti, i flussi di migranti non aumentano, le rotte individuate dai trafficanti si spostano verso la Spagna, passando pure attraverso l’Atlantico. Un viaggio ancora più pericoloso di quello che si affronta nel Mediterraneo: l’oceano è più perturbato del Mare Nostrum, mette più a rischio le vite delle persone.
Come mai la Spagna ci ha detronizzato nella classifica dei flussi di migranti, cosa è cambiato?
Le tendenze nei flussi verso l’Europa cambiano a seconda delle stagioni. Osservando il fenomeno nell’ultimo decennio, i trend variano nel giro di pochi mesi, secondo la situazione del periodo preso in considerazione. Quando si ridimensionano i numeri di una rotta, aumentano quelli di un’altra. In questo caso sono diminuiti verso l’Italia e sono cresciuti nei confronti della Spagna, probabilmente perché quest’ultima offre due canali: il primo in direzione delle Canarie, il secondo della penisola iberica, secondo una rotta atlantica e una mediterranea.
Quali sono le ragioni che hanno portato a svilupparsi queste rotte? È successo qualcosa nei Paesi di partenza dei barconi?
Si è ridimensionato di molto il flusso dalla Tunisia e i trafficanti hanno cercato altre vie individuando come nuovi punti di partenza il Marocco ma anche l’Africa occidentale, in Paesi come il Senegal e la Mauritania. Raggiunto il Sahara, invece che dirigersi verso Nord, le persone che vogliono migrare procedono verso Ovest.
Ma così il viaggio per i migranti, dovendo svolgersi nell’oceano, non diventa più lungo?
Dal punto di vista chilometrico non ci sono grandi differenze: le Canarie non sono così lontane. Ma il viaggio è più pericoloso di quello nel Mediterraneo. Il mare è aperto e più tempestoso. La finestra sul continente europeo questa volta sono le Canarie, che sono territorio spagnolo. Una volta entrati i migranti devono essere accolti e smistati, come succede in Italia da Lampedusa.
Come mai c’è stata una drastica diminuzione degli arrivi di migranti dalla Tunisia?
Rispondo con un’altra domanda: come mai quest’anno così poche partenze e l’anno scorso no? Il presidente tunisino Kais Saied allora non aveva dato input per eseguire dei controlli, mentre ora li sta dando. Evidentemente le promesse di finanziamenti e collaborazioni economiche da parte dell’Europa lo hanno convinto a cambiare politica.
Ma i soldi che erano stati promessi con il famoso Memorandum sono arrivati o no?
A livello ufficiale è difficile dirlo con certezza, bisogna un po’ andare a intuito. Se il presidente tunisino fa controllare le coste vuol dire che i soldi sono arrivati. Difficile pensare che lo faccia solo per una promessa che non si sa quando verrà mantenuta. La situazione, d’altra parte, stava diventando ingestibile anche per le autorità tunisine: quando si è aperto il fronte migratorio non solo le organizzazioni criminali ma anche i singoli cittadini hanno visto un’occasione per fare business. La Tunisia ha una disoccupazione giovanile altissima e molti hanno preso le loro macchine e si sono trasformati in passeurs per trasportare i migranti verso le coste oppure hanno partecipato al trasporto di barconi. Si stava creando un’economia sommersa che rischiava di sfuggire di mano. Se Saied è intervenuto è perché ha una convenienza politica a farlo: o le promesse sono molto avanti nella loro realizzazione o i soldi sono già arrivati.
Sul fronte libico, invece, come vanno le cose? I numeri di migranti sembrano indicare una sostanziale stabilità nell’attività: è così?
Non ci sono grosse fluttuazioni rispetto all’anno scorso. I trafficanti lì continuano a fare il loro lavoro come prima. Su questo fronte la situazione è molto stabile.
Di fronte alle difficoltà incontrate per organizzare partenze in Tunisia ci si aspetterebbe un aumento dei flussi di migranti nella vicina Libia, perché invece i trafficanti si sono dovuti spostare più a ovest?
In Libia, in questo momento, ci sono situazioni che non favoriscono i trafficanti: ci sono aspri conflitti tra alcune milizie delle città costiere come Zuwarah o Zawiya e il governo di Dbeibah e tutto questo leva spazio ai trafficanti. Da una parte, le autorità di Tripoli li perseguono in quanto milizie, dall’altra le stesse milizie, impegnate in questi scontri, hanno meno tempo e risorse per dedicarsi ad altre attività.
Paradossalmente, l’instabilità della Libia in questo caso blocca i flussi?
Esatto: quando lungo le coste ci sono tensioni, sono più presidiate ed è più difficile partire. Così è successo, ad esempio, nel 2019 quando Haftar ha cercato di attaccare la capitale: le partenze sono diminuite perché i trafficanti erano impegnati contro le truppe di Haftar oppure perché, vista la situazione, era logisticamente impossibile raggiungere le coste per intraprendere il viaggio verso l’Europa.
(Paolo Rossetti)
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