In pochi in Italia si sono accorti di quanto l’ultimo viaggio del presidente Mattarella in Africa sia stato importante. Forse è bene fare mente locale e partire dalle grandi aspettative che il Piano Mattei, sposato apertamente dal Capo dello Stato, ha acceso in Africa. Tanto il presidente della Costa d’Avorio quanto quello del Ghana si sono detti molto favorevoli. Lo avevano già manifestato: il ghanese Akufo Addo aveva voluto essere presente personalmente alla conferenza Italia-Africa del gennaio scorso, l’ivoriano Ouattara aveva mandato il suo vice. E adesso hanno speso parole di apprezzamento per Giorgia Meloni, citandola per nome e cognome.
Il presidente della Repubblica ha fatto la sua parte, “alla Mattarella”. Ha avuto parole di aperto sostegno al Piano Mattei, ma con una sottolineatura che quel nome evoca, “la volontà di collaborare sul piano paritario, secondo le esigenze e le indicazioni ai Paesi africani”. Un memo al governo, di cui sicuramente il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli che lo accompagnava avrà preso nota. Perché oggi il rischio che corre l’Italia è vedere deluse le aspettative che l’annuncio di questo piano (per ora di 5 miliardi e mezzo di euro) ha acceso nel continente.
Fallire sarebbe un errore mortale, visto che il momento in Africa è per l’Italia favorevole, nonostante le enormi turbolenze che la squassano, dai colpi di Stato al terrorismo jihadista, alla penetrazione di russi e cinesi. Perché oggi l’Italia è vista come un partner affidabile, assai più dei francesi, che stanno perdendo posizioni. Il primo biglietto da visita del nostro Paese è senza dubbio l’ENI, che ha consolidato una grande capacità di ricerca di giacimenti di petroli e gas, unita alla conoscenza dei metodi per metterli rapidamente in produzione. Proprio al largo delle coste ivoriane nel 2021 è stato scoperto un giacimento enorme, diventato produttivo in meno di due anni, una specie di record. Qualche settimana fa una seconda scoperta, e si cerca ancora. ENI è in grado di lavorare fianco a fianco con le compagnie locali anche in tanti altri Paesi, 14 in tutto, fra cui Angola, Mozambico, Ghana, oltre alle classiche Algeria e Libia. Anche questa capacità di dialogo con le istituzioni locali ha meritato il plauso di Mattarella, unitamente all’attenzione alla sostenibilità ambientale e sociale, con significativi investimenti in formazione dei ragazzi africani.
Perché non si può parlare di Africa senza parlare di migrazioni. E anche su questo c’è una novità da rilevare, benedetta convintamente dal presidente della Repubblica. È il progetto di aprire canali legali di arrivo in Europa, che Mattarella sostiene da tempo. Un’esperienza pilota è quella mostrata al Capo dello Stato in Ghana, alla periferia di Accra. È un progetto della Confindustria Alto Adriatico (cioè di Pordenone, Gorizia e Trieste): attraverso la collaborazione con un centro professionale salesiano e altre realtà del terzo settore ad Ashaiman alcune centinaia di ragazzi si prepareranno alla partenza: arriveranno in Italia già formati, con una discreta conoscenza dell’italiano, un contratto di lavoro in tasca e un alloggio sicuro. Arriveranno in aereo, senza cadere vittima dei mercanti di uomini, senza dovere intraprendere uno di quei viaggi della speranza che attraversano il Mediterraneo e che sono forieri di tante morti assurde. Modello da replicare altrove, ha detto Mattarella. Certo, anche qui il rischio è di fallire e deludere le aspettative. Ci sono tantissimi tasselli che devono andare a posto, qualcuno manca ancora, come la validità in Italia delle patenti di guida ghanesi, problema serio per chi dovesse trovare lavoro nella logistica, nella ristorazione o in una fabbrica.
Tocca quindi al governo sapere trarre il meglio da questo momento favorevole nei rapporti con l’Africa. Piano Mattei, ENI, flussi migratori regolari, le attese sono tante, Mattarella le ha raccolte e certamente le trasferirà alla Meloni. Fallire sarebbe davvero gravissimo.
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