Evaristo Scalco, condannato a 23 anni di carcere per l’omicidio di Javier Alfredo Miranda Romero con una freccia a Genova, avrebbe agito come una sorta di “giustiziere”. Lo si legge nelle motivazioni della sentenza emessa lo scorso gennaio a carico dell’artigiano che, la notte l’1 e il 2 novembre 2022, avrebbe colpito dal suo balcone del centro storico mentre la vittima festeggiava con un amico la nascita del figlio e in quel momento si trovava sotto casa dell’imputato.
A processo, il pubblico ministero aveva chiesto l’ergastolo ma la Corte d’Assise, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa, avrebbe escluso l’aggravante dell’odio razziale ritenendo sussistente solo quella dei futili motivi. Stando a quanto ricostruito dai giudici, appena Evaristo Scalco ha capito di avere colpito l’operaio a morte, e anche successivamente al delitto, “ha manifestato una forma di seria resipiscenza“.
Evaristo Scalco condannato per l’omicidio di Javier Alfredo Miranda Romero: la ricostruzione del delitto
Secondo la ricostruzione, quella notte Javier Alfredo Miranda Romero stava festeggiando con un amico la nascita del figlio e al momento del delitto i due si trovavano sotto la finestra di Evaristo Scalco. Quest’ultimo si sarebbe affacciato, infastidito per i rumori, e li avrebbe mal apostrofati (“Andate via immigrati di m…“). Alla risposta dei due, l’artigiano avrebbe reagito prendendo l’arco e montando la freccia che poi avrebbe colpito a morte Romero.
Sceso in strada, Scalco avrebbe poi tentato di estrarre il dardo. La vittima sarebbe arrivata in condizioni gravissime in ospedale, poco dopo è avvenuto il decesso. Nelle motivazioni della sentenza di condanna a 23 anni emessa a carico di Evaristo Scalco, i giudici avrebbero scritto che “solo nell’ottica del ‘giustiziere’ possono trovare spiegazione le frasi, venate di un’arroganza ai limiti del sadismo, che egli ha rivolto dall’alto della sua finestra ‘Fa male? Vi avevo avvisati!’ a un Romero che pure era certo di avere già colpito con una micidiale freccia a tre taglienti ma che non ha compreso subito di avere ferito mortalmente“. Secondo la Corte d’Assise, sussistono i futili motivi e Scalco avrebbe scoccato la freccia “per dimostrare che è un uomo ‘tutto d’un pezzo’, che sa tenere fede sia agli impegni presi, sia alle minacce proferite nei confronti di chi lo molesti“, “motivo – aggiungono i giudici – talmente inconsistente da non essere nemmeno raffrontabile all’enormità dell’azione criminosa realizzata da Scalco“.