È stato da poco presentato anche a Bologna il Rapporto “Sussidiarietà e… governo delle infrastrutture”, realizzato dalla Fondazione per la Sussidiarietà, a cui ha partecipato, tra gli altri il governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini e il vice-ministro Galeazzo Bignami. Sono ormai numerosi i membri del Governo, i politici, gli imprenditori, i manager che hanno partecipato a diverse presentazioni.
Il messaggio di fondo del Rapporto è che nella realizzazione e nella gestione di infrastrutture di qualità bisogna superare la contrapposizione tra Stato centrale, amministrazioni locali e società civile e perseguire una vera cultura della sussidiarietà che consiste nel dialogo continuo tra diversi livelli di governo e tra questi e le comunità locali. Per raggiungere obiettivi che interessano il bene comune, affrontando i problemi di sostenibilità, sociale e ambientale, le reti di cui ha bisogno un sistema-Paese devono essere realizzate pensando a una prospettiva di lungo periodo e coinvolgendo i territori e i corpi intermedi.
Il caso della Torino-Lione analizzato nel Rapporto conferma l’ipotesi.
Dopo le dure proteste di Venaus in Val di Susa del dicembre 2005, all’inizio del 2006 ilGgoverno centrale ha concordato con le comunità locali e varato un Tavolo Istituzionale a palazzo Chigi e un Osservatorio.
L’Osservatorio ha riunito per la prima volta tecnici e amministrazioni locali, permettendo di costruire una base di relazioni costruttive con le comunità interessate dall’infrastruttura. Dopo una lunga discussione, in cui sono state prese in considerazione ben undici alternative di tracciato, è nato un nuovo progetto, radicalmente diverso da quello originale, cambiando addirittura il lato della valle attraversato e, con le necessarie approvazioni del Cipe, dando il via libera ai lavori definitivi lato Italia.
È praticamente stata capovolta la logica originaria secondo cui il territorio, lungi dall’esserne protagonista, non veniva neppure interpellato. L’Osservatorio si era proprio dato l’obiettivo di realizzare l’opera in nesso con il contesto sociale, economico e ambientale del territorio. Non ci si è limitati solo allo studio di alternative di tracciato, ma si sono anche rielaborate le fasi degli interventi, la valutazione dei benefici e delle garanzie ambientali e un piano per la ripresa economica e sociale della Val di Susa. Il progetto, per la sua vocazione di sostenibilità e tecnologia e la valorizzazione delle materie prime tipiche del territorio, contiene elementi ancora innovativi a distanza di quasi dieci anni dalla sua creazione.
In tutti gli incontri di presentazione del Rapporto di ricerca è emerso anche un altro importante aspetto: il bisogno di politici caratterizzati da quelle che potremmo chiamare le sei “C”.
Chiunque abbia responsabilità di prendere decisioni politiche in modo serio deve studiare dossier, analizzare, desiderare di acquisire una competenza anche tecnica. Per questo non può essere nominato, ma deve crescere attraverso un opportuno cursus honorum, anche facendo gavetta nei consigli comunali o nei parlamentini di zona delle grandi città.
Non deve poi muoversi da solo, ma cercare la collaborazione di persone valide che sappiano contestarlo e correggerlo.
Non può rimanere chiuso in un ufficio, ma dovrebbe girare sul territorio, come si faceva una volta, cercando il coinvolgimento delle persone, dei corpi intermedi, delle associazioni, dei movimenti capaci di dare suggerimenti
Il che vuol dire una grande capacità di cambiamento: mutare idee e correggersi è un grande segno di intelligenza, umiltà e apertura al nuovo.
Infine, ritenere che l’arte del compromesso sia il vertice della politica è segno di amore per la democrazia perché il confronto con persone di opinioni diverse è un bene da salvaguardare.
Tutto questo, per poter tornare a dire, con san Paolo VI, che la politica è la forma più alta di carità.
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