Il 2 aprile, al Cairo, Abdel Fattah al Sisi ha giurato per la terza volta come presidente dell’Egitto, nel contesto di una cerimonia svoltasi presso la nuova sede del Parlamento. Nel suo discorso, al Sisi ha evidenziato le numerose sfide fronteggiate dall’Egitto negli anni recenti, promettendo un futuro di progresso, sebbene molti cittadini egiziani si sentano esclusi da questa visione di sviluppo. “Abbiamo affrontato anni difficili, segnati da attacchi terroristici sul nostro suolo, crisi internazionali impensabili e guerre brutali nelle nostre vicinanze”, ha detto al Sisi, rivolgendosi a una vasta platea che includeva legislatori, esponenti religiosi e militari. Nonostante un contesto elettorale poco competitivo, con al Sisi vincitore con l’89,6% dei voti in dicembre, il suo appello alla stabilità e sicurezza ha trovato eco in una parte dell’elettorato, mentre altri hanno mostrato indifferenza, prevedendo l’esito delle elezioni.
Il terzo mandato di al Sisi si estenderà fino al 2030, grazie a modifiche costituzionali che hanno allungato la durata del mandato presidenziale a sei anni e consentito una terza candidatura. Ha annunciato maggiori investimenti in iniziative a favore dei ceti meno abbienti e una maggiore partecipazione del settore privato, misure che hanno favorito l’accordo da 8 miliardi di dollari con il Fondo Monetario Internazionale (FMI) siglato il mese scorso.
Ihab Mansour, leader del gruppo parlamentare del Partito Socialdemocratico, ha convenuto sull’urgenza delle questioni sollevate dal presidente, sottolineando però la necessità di concretizzare tali piani. Ha rimarcato l’importanza del supporto governativo agli agricoltori per prevenire crisi nella produzione di riso e grano. Mansour ha anche evidenziato la necessità di un governo economicamente competente, capace di gestire i prestiti internazionali e ottimizzare gli investimenti esteri, affinché i cittadini possano guardare al futuro con maggiore sicurezza. Analisti sostengono che la richiesta di cambiamenti sostanziali nella politica e nelle figure di leadership rappresenta la principale sfida per al Sisi. Secondo loro, senza significativi cambiamenti le istituzioni statali faticano a migliorare la propria immagine, ostacolate dalla burocrazia e dal cosiddetto “Stato profondo”.
Dal 2014, sotto la presidenza di al Sisi, l’Egitto ha avviato una serie di grandiosi progetti infrastrutturali, come la nuova capitale amministrativa, l’ampliamento del Canale di Suez e la costruzione di nuove strade e città, per un totale di 58 miliardi di dollari. Questi sforzi, secondo il presidente, sono cruciali per lo sviluppo economico e l’accoglienza di una popolazione in crescita. Tuttavia, i critici argomentano che tali progetti aggravano i problemi economici del Paese, distogliendo risorse da necessità più pressanti e aumentando il debito nazionale. All’alba del 2024, l’Egitto sembrava sull’orlo del collasso economico, prima di ricevere oltre 50 miliardi di dollari in prestiti e investimenti, un salvataggio che ha superato le aspettative e introdotto nuove condizioni, come un tasso di cambio flessibile e la riduzione del ruolo economico dello Stato e dell’esercito, come richiesto dal FMI.
La recente rielezione di Abdel Fattah al Sisi e il contesto geopolitico ed economico dell’Egitto rappresentano un punto di osservazione privilegiato per comprendere le dinamiche del Medio Oriente e le relazioni internazionali. La forte presa del potere da parte di al Sisi, supportata da una massiccia vittoria elettorale e emendamenti costituzionali, riflette la tendenza di alcuni Stati della regione a privilegiare la stabilità e la sicurezza interna, spesso a scapito della pluralità politica e della partecipazione democratica. L’impegno di al Sisi verso il miglioramento delle infrastrutture e dell’economia, pur ricevendo critiche interne per la gestione delle risorse, si inserisce in un contesto di necessità di rinnovamento e di adeguamento agli standard di sviluppo globale, nonché di gestione di una popolazione in rapido aumento. Tuttavia, la dipendenza da prestiti e investimenti esteri, come evidenziato dai recenti salvataggi finanziari, pone l’Egitto in una posizione vulnerabile, legata alle condizioni imposte da istituzioni finanziarie internazionali e dai Paesi donatori. Le condizioni del FMI, che includono riforme economiche e una maggiore flessibilità del tasso di cambio, insieme al ritiro dell’esercito dall’economia, potrebbero aprire il Paese a una maggiore competitività e liberalizzazione economica, ma anche a sfide interne legate all’accettazione e all’implementazione di tali misure.
In questo contesto, la figura di al Sisi e la sua amministrazione si trovano al centro di un equilibrio delicato tra la necessità di mantenere la stabilità interna e la sicurezza, rispondendo al contempo alle pressioni per riforme economiche e apertura politica, in un periodo caratterizzato da tensioni regionali e una crescente competizione geopolitica.
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