Il ministro francese delle Forze armate Sebastien Lecornu al fianco del presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron ha affermato forte e chiaro che la produzione di polvere da sparo e di esplosivi è questione di “affermazione della sovranità nazionale” innanzitutto, e che è in quest’ottica che va affrontato l’impegno europeo per sostenere l’Ucraina nella sua guerra di difesa nei confronti dell’invasione imperiale e imperialistica russa.
Queste parole sono state pronunciate giorni or sono nel cuore dell’industria francese degli armamenti e in primo luogo degli esplosivi: il sito perigordino di Bergerac, una cittadella dell’Aquitania che dai primi anni del Novecento è sede dei siti dell’industria di guerra tra le prime al mondo. Nel 2007 lo Stato francese abolì la produzione della polvere da sparo e la società che la produceva trasferì i suoi stabilimenti in Svezia. Macron e Lecornu hanno fortemente sottolineato ora che l’economia di guerra significherà nuova industrializzazione nazionale e nuova occupazione in uno dei territori francesi più colpiti dalla difficile crescita in cui la Francia da anni è caduta.
Va sottolineato un altro aspetto della questione. Macron e Lecornu hanno compiuto una mossa del cavallo su cui pochi hanno sollevato l’attenzione. Non si tratta, infatti, solo di economia di guerra “da sovranità nazionale”, ma contestualmente anche di azione combinata pubblico-privata per posizionarsi anzitempo nella gara di ricostruzione dell’Ucraina sotto il profilo sempre della sovranità nazionale.
Le grandi manovre de “l’industrie numérique nationale” sono iniziate con l’attivismo degli imprenditori francesi della telecomunicazione sul territorio ucraino acquisendo assets privati anzitempo nonostante i rischi di una guerra in corso il cui esito definitivo sul piano della spartizione territoriale è ancora non ben definito. Ciò che colpisce di più è il tono nazionalistico per nulla europeista di questo rilancio dell’economia di guerra. Un’eco del resto del tono assunto anche dal recente accordo sui migranti e le immigrazioni sul continente europeo. Il punto fermo per tutti è stato quella della riaffermazione del profilo nazionale dei controlli sui richiedenti asilo.
Insomma, spira non solo un vento di guerra ma anche – e fortissimo – un vento di nazionalismo accanito trasversale transpartitico e transnazionale.
Le elezioni europee non possono che apparire quasi come una farsa, o meglio una continuità evidente di quello spirito “da Trattati” piuttosto che da “Costituzione europea” che non può che condurre – con la guerra interimperialistica – al declino irreversibile dell’obiettivo federalista che ha animato tanta della retorica e degli ideali di gran parte delle classi politiche e delle opinioni pubbliche europee (pardon, nazionali…).
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