C’è un rapporto tra le guerre in Ucraina e Palestina? Lasciamo da parte una volta tanto tutte le valutazioni da parte della geopolitica. Sono importanti, certo, ma non spiegano tutto. La cultura di Israele e quella del mondo islamico hanno in comune una radice profonda che si trova in quello che noi chiamiamo Antico Testamento.
È per molti aspetti una cultura figlia dei figli di Abramo. Ha come fondamento una fede in un Dio, unico e giusto. Da cui si pretende giustizia. E da cui si fa derivare il proprio senso di giustizia. Chi sbaglia deve essere giustamente punito, guai non farlo. Occhio per occhio, dente per dente. Il tuo nemico non è solo tuo nemico, ma è anche nemico di Dio. Certo anche tu puoi avere i tuoi peccati, i tuoi tradimenti, ma questa è una questione tra te e Dio. L’altro non c’entra, non ha diritto di giudicarti. E neanche ti può perdonare. Qui sta il punto. Neanche ti può perdonare.
Del resto anche Dio, il Dio della giustizia, non è tenuto a perdonarti. Può solo prendere atto che tu, come il santo re Davide, sei pentito, vuoi cambiare vita e se ci riesci ti può reintegrare nel gruppo del popolo eletto. La misericordia sta in questa giustizia dovuta e tutt’al più nella pazienza che Dio può avere per darti il tempo di ravvederti. Dio non si coinvolge con te. È stato misericordioso all’inizio nel farti esistere, ma ora devi dimostrare tu di essere degno del premio. Dio non si è fatto uomo per condividere le conseguenze del peccato fino ad assumerlo su di sé, con la possibilità di un perdono che non dipende neppure dal bene che potrai fare, perché se sei come il buon ladrone, il bene non avrai neanche la possibilità di farlo.
Mentre scrivo mi accorgo di come in fondo anche noi, spesso, siamo un po’ israeliti e musulmani. Secondo questa cultura non si può, non si deve non vendicarsi. Bisogna solo aspettare il momento opportuno per farlo, come Dio, alla fine, farà per vendicarsi di tutto il male del mondo.
Va bene, ma cosa c’entrano con tutto questo i russi e gli ucraini? Loro, salvo eccezioni, non sono né ebrei, né musulmani. Certo, ma sono figli, e non solo loro, di quelle rivoluzioni post-cristiane che in nome di una giustizia sociale e/o politica rendevano giusto, anzi necessario, punire, anzi eliminare, chi si dimostrava contro la giustizia. Chi non era disposto, come il re Davide, a fare penitenza e ad ammettere i propri errori non poteva che aspettarsi la ghigliottina o la Siberia.
Qualcuno a questo punto potrebbe ricordare che anche la Santa Inquisizione in fondo non risparmiava i “dissidenti”. Certo, perché nell’azione dei tribunali della Chiesa di quel tempo prevalse la paura dell’eresia, della vittoria del male sulla fiducia in Dio. La pena di morte, a volte comminata anche in un modo atroce come il rogo, non doveva essere una punizione, ma un modo per sollecitare il cambiamento della persona, e fino alla fine si pretendeva di salvargli almeno l’anima. Di fatto, comunque, questo è servito poi a legittimare la pratica delle rivoluzioni di eliminare chi si ostinava a non essere giusto.
In ogni caso ci fu, come ora, un’incapacità di accettare l’altro, il nemico, quello da amare nonostante che fosse un nemico. Perché Gesù non ha detto che non ci sono i nemici, ci ha insegnato, col suo esempio, ad amarli. Ci ha insegnato a perdonare il peccatore in modo anche preventivo, come quella volta che mandò via l’adultera, invitandola a non peccare più, ma in fondo senza sapere se l’avesse fatto.
Tornando alle nostre guerre attuali, e non solo a quelle in Palestina e in Ucraina, una considerazione. Non sarà possibile nessuna pace se non ci sarà un piano anche di riconciliazione. Cosa molto difficile, quasi impossibile, ma assolutamente necessaria.
In fondo dopo la seconda guerra mondiale un certo esempio dai fondatori dell’Europa, forse non a caso veramente cristiani, l’abbiamo ricevuta. Non un’umiliazione della Germania e dell’Italia (fascista), ma qualcosa che ha favorito la loro riammissione alla comunità dei “giusti”.
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