Caro direttore,
i media hanno scatenato un terremoto sul caso dell’IIS “Bachelet” di Abbiategrasso, scuola in cui si starebbe facendo islamizzazione. Si riporta la notizia che in questa scuola, al posto di insegnare l’italiano agli stranieri, si farebbe l’opposto, si insegnerebbe arabo agli studenti italiani, e alle ragazze italiane si insegnerebbe a mettere il velo attraverso uno specifico corso di addestramento all’hijab. Questa notizia, scritta appositamente per creare scandalo, è stata data da giornalisti che usano l’informazione in modo puramente ideologico: se avessero avuto amore alla verità, sarebbero dovuti andare al “Bachelet” e avrebbero visto che non esiste nulla di quello che hanno scritto. La realtà, infatti, è un’altra.
Per chi vuole conoscere quello che succede ad Abbiategrasso, proviamo a ricostruire i fatti.
Il progetto Aljudhur – الجذور (Radici) “Introduzione alla lingua e cultura araba” nasce nell’anno scolastico 2021/2022: è stato proposto al collegio dei docenti che lo ha approvato riconoscendo il suo valore educativo e il contributo che dà nella direzione dell’inclusione. In quest’anno scolastico Aljudhur è uno dei 66 progetti facoltativi proposti in orario extra-scolastico a completamento dell’offerta formativa.
Il corso è tenuto da studentesse e studenti di madrelingua araba, con i quali i docenti referenti del progetto strutturano la programmazione e le attività del corso.
I contenuti riguardano l’alfabeto, alcune frasi di conversazione, elementi di storia e cultura araba, anche popolare (calligrafia, musica, festività, moda, gastronomia, etc.), dei Paesi di lingua araba; sono previsti anche alcuni momenti conviviali. Una parte del corso è dedicata alle curiosità degli studenti. Per questa ragione nel percorso è stato inserito un lavoro in cui le ragazze arabe hanno insegnato cosa sia per loro il velo e che senso abbia nella loro cultura.
Come può notare chi sa usare la ragione, non vi è nessun processo di islamizzazione. Al contrario, è una possibilità offerta in orario extra-scolastico, a chi vuole, di conoscere la lingua e la cultura araba e ai ragazzi e alle ragazze arabi di comunicare la propria cultura, di far apprendere alcuni elementi della loro lingua, di far capire quello che loro fanno, come mangiano, come vestono. Dunque è un’esperienza di inclusione quella che viene proposta al Bachelet di Abbiategrasso: oggi tutti ripetono questa parola, “inclusione”, spesso ne abusano, al Bachelet invece è un tentativo in atto. E’ inclusione perché ragazzi e ragazze di origine arabe – molti di loro con cittadinanza italiana – imparano e approfondiscono la lingua italiana, acquisiscono contenuti e metodi delle diverse discipline, entrano in rapporto con la nostra cultura, ma nello stesso tempo hanno l’occasione di far conoscere alcuni aspetti della loro lingua e di comunicare la cultura loro.
In questo modo si fa inclusione attraverso un rapporto reciproco, in cui come si riceve, come si impara, così si può portare la propria identità. Forse al posto di demonizzare questa esperienza la si dovrebbe valorizzare, proprio perché al Bachelet di Abbiategrasso ragazze e ragazzi arabi possono sentirsi protagonisti portando quello che sono ai loro compagni e compagne di scuola.
Sarebbe bastato andare al “Bachelet” a vedere, per capire il valore educativo e di inclusione di questa esperienza in cui l’altro è una ricchezza e non qualcuno da cui difendersi o da assorbire negli schemi della scuola.
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