Nel 1994, il primo telegiornale in lingua dei segni con Maria Luisa Franchi
Maria Luisa Franchi si può considerare a tutti gli effetti la pioniera della Lingua dei Segni in Italia. Infatti fu lei a fare da interprete, per la prima volta, nel TG1 del 6 giugno 1994. Ma chi è e cosa sappiamo su Maria Luisa Franchi? Bilingue fin dalla nascita, cresce in una famiglia dove la sordità è una realtà quotidiana. Sua mamma lavorava in un istituto per sordi, mentre il papà e alcuni altri parenti erano sordi. Per Maria Luisa Franchi è stato piuttosto naturale apprendere un nuovo linguaggio gestuale, oltre alla lingua madre, e imparare a comunicare con la lingua dei segni.
In una intervista rilasciata a In Terris, l’interprete ha raccontato alcune tappe interessanti del suo percorso di carriera. “Mentre studiavo architettura all’università, c’è stata la svolta improvvisa e – devo dire – del tutto inaspettata: incontrai la dott.ssa Virginia Volterra […] che stava cercando delle persone che la coadiuvassero nelle sue ricerche: io, anche se ero laureanda in tutt’altra materia (l’architettura) cominciai ad appassionarmi a questa nuova branca di studi iniziando a fare ricerca con il gruppo della dott.ssa Volterra”.
Maria Luisa Franchi, l’amore per la lingua dei segni: “Questa la professione più bella del mondo”
Dallo studio e l’incontro fortuito con Volterra, nasce dunque la carriera di interprete di Maria Luisa Franchi, che si appassiona sempre più alla lingua dei segni. “Ho cercato di operare per definire la professionalità di questo ruolo e spero di aver contribuito”, l’auspicio dell’nterprete. Più che un mestiere per lei può considerarsi una vocazione, dato che in questo lavoro valori e ambizioni sembrano viaggiare di pari passo.
“Il mio obiettivo è di andare incontro alle esigenze della comunità dei sordi, per farli diventare protagonisti della loro storia e per garantire loro la piena partecipazione alla vita sociale, culturale e politica del nostro Paese”, spiega. “Quei primi anni pionieristici furono un’esperienza bellissima perché eravamo agli albori, alla ‘sperimentazione’ e mi hanno permesso di scoprire quella che per me è la professione più bella del mondo: l’interprete”.