Mani pulite non può essere paragonata a questa fase politica, come fa Giuseppe Conte, né può essere ridotta a una questione di finanziamento illecito ai partiti per Antonio Di Pietro, secondo cui questa fase della politica non può essere paragonata a quella stagione giudiziaria. «Tangentopoli era l’utilizzo della politica per fini personali», ricorda l’ex pm nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera. All’epoca c’era la scusa di finanziare la politica per intascare denaro, che poi finiva nelle casse dei politici, non in quelle dei partiti. Ora invece l’obiettivo è un altro ed è ciò che differenzia le due stagioni. «Ora l’obiettivo è la cadrega, la poltrona».
Non ci sono progetti o idee, ma se dovesse puntare il dito contro qualcuno, Di Pietro mirerebbe agli elettori non a chi si fa eleggere, «perché con il suo voto vende un diritto costituzionale per un piatto di lenticchie». L’ex magistrato definisce «umiliante» il fatto che ci siano persone che, sebbene povere, siano disposte a “vendere” il loro voto per 50 euro, voto che invece ha un grandissimo valore nella democrazia. Per quanto riguarda il fenomeno del trasformismo, per Di Pietro il politico che non si rispecchia in un progetto o in una lista «dovrebbe decadere automaticamente». Non dovrebbe dimettersi, ma decadere, in quanto è «un dipendente dell’elettore», quindi non deve tradirlo per passare da una casacca all’altra.
“ABUSO D’UFFICIO IN VIGORE NON SERVE A NIENTE”
Antonio Di Pietro ha le idee chiare anche per quanto riguarda l’ipotesi dell’eliminazione del reato di abuso d’ufficio. L’ex pm di Mani pulite avverte anche coloro che sono convinti che in questo modo ci saranno meno problemi, segnalando che «la magistratura avrà sempre modo di contestare la corruzione». Inoltre, i magistrati secondo Di Pietro saranno più attenti nell’investigare, quindi inevitabilmente troverà la corruzione. «Ritengo che l’abuso d’ufficio attualmente in vigore sia stato talmente edulcorato che non serva a niente. Bisogna ritornare al vecchio reato di interesse privato in atti d’ufficio», spiega Di Pietro al Corriere della Sera.
C’è poi chi parla di giustizia ad orologeria, perché ci sono provvedimenti che scattano anni dopo le indagini, a ridosso di elezioni, come segnalato dal senatore della Lega Claudio Durigon a proposito dell’inchiesta di Catania. «In Italia c’è sempre un’elezione. Seguendo questa logica qualsiasi momento sarebbe sbagliato per un’inchiesta. Il problema di fondo è: male non fare, paura non avere». Infine, Di Pietro non nasconde la delusione per il fatto che molte cose non siano cambiate rispetto a trent’anni fa. «Sono mancate la prevenzione e l’educazione. Forse è il caso che tutti facciano autocritica, politica, magistratura ed informazione».