Con un’incidenza stimata di circa 1 caso ogni 57mila persone (1 ogni 138mila considerando i bambini), la cosiddetta malattia di Pompe rimane una di quelle grandi sfide della sanità mondiale, che ancora fatica a trovare delle terapie e dei metodi di diagnosi rapidi: di questo ha parlato la redazione del Mattino con la ricercatrice della Federico II di Napoli Lucia Ruggiero, esperta in neurologia e in malattie neuromuscolari. Per gli addetti ai lavori la malattia che venne scoperta dal dottor Johannes C. Pompe è nota come ‘Glicogenosi tipo 2’ ed è causata, spiega Ruggiero, ad un “deficit dell’enzima alfa-glucosidasi acida” che crea un “accumulo di glicogeno all’interno delle fibre muscolari e, di conseguenza, una degenerazione della fibrocellula”.
Una serie di paroloni che, in soldoni, significano che a causa dell’assenza di quell’enzima i muscoli del paziente si degradano progressivamente, causando (negli episodi ovviamente più gravi) danni al sistema cardiorespiratorio che pompa il sangue dal cuore al resto degli organi. Un tempo la speranza di vita era di un paio di anni, ma come ci tiene a precisare chiaramente la dottoressa Ruggiero, ora grazie ad una diagnosi sempre più semplice (e, soprattutto, tempestiva) la malattia di Pompe ha una mortalità molto ridotta.
La terapia enzimatica sostitutiva contro la malattia di Pompe
“La possibilità di differenziare correttamente la malattia di Pompe da altre patologie” del tutto simili nella sintomatologia (che comprende soprattutto affaticamento muscolare e dolori localizzati), spiega Ruggiero, “è fondamentale per minimizzare i ritardi diagnostici e contrastare la progressione della patologia”. Allo stato attuale, esiste “una terapia enzimatica sostitutiva molto efficace” sviluppata nel 2006, che consiste (nuovamente in soldoni) in “un trattamento che sostituisce l’enzima mancante o difettoso e che degrada il glicogeno accumulato” in grado di “prolungare in modo significativo” la vita di chi soffre della malattia di Pompe.
Inoltre, nel giugno del 2022 l’Aifa ha approvato una nuova terapia enzimatica sostitutiva che si sta dimostrando efficace sia per l’insorgenza tardiva della malattia, che per quella infantile. La nuova terapia è stata resa disponibile questo gennaio anche in Italia, completamente coperta dal Sistema Sanitario Nazionale, ma precisando che “risulta più efficace se somministrata in uno stadio iniziale della malattia di Pompe“, la dottoressa Ruggiero rilancia la necessità di lavorare a nuovi sistemi diagnostici più tempestivi rispetto alle attuali “analisi biochimiche e alle tecniche di imaging” che permettono di individuare “un eventuale danno a carico del muscolo”.