Alcuni giorni fa Il Sole 24 Ore ha pubblicato un articolo sulla transizione elettrica che in Italia porterebbe a rischio 40mila posti di lavoro entro il 2030, nel settore automotive. “L’impatto potrebbe riguardare tutto il territorio, a partire dal Nord. Intanto la crescita delle vendite di auto a batteria rallenta in tutta Europa. Il valore dei componenti di motore e trasmissione per la propulsione elettrica sono ridotti a un terzo degli analoghi componenti di un veicolo endotermico, e solo in quota parte sono accessibili ai fornitori, ponendo un rischio per la filiera italiana di 7 miliardi di perdita di valore al 2030 e 40mila posti di lavoro in potenziale esubero”.
Uno degli effettivi business del gruppo multinazionale di Elon Musk è la vendita nel nostro Paese delle macchine elettriche, ma queste non trovano futuro in Italia: ne sono state vendute poco più che in Spagna e molto meno che in Francia e in Germania. Anche per la nostra “500 Elettrica” non ci sono abbastanza ordini da poter saturare gli impianti di Mirafiori. Di certo non aiuta il prezzo di un veicolo elettrico così alto per i redditi di un “colletto blu” e nemmeno per coloro che assemblano un’automobile, per questo Stellantis in attesa dei “soliti” eco-incentivi che potrebbero impattare positivamente sulle future vendite rafforza la sua presenza, con la 500 Bev, sul mercato nordamericano.
Ma una multinazionale come Stellantis con 242.000 dipendenti nel mondo e circa 43.000 in Italia di certo non può aver bisogno solo di un’attenzione fiscale del nostro Governo per affermare una presenza stabile nel nostro Paese. Per questo tutti gli attori della filiera dell’ automotive (azienda, Governo, parti sociali, Regioni) devono costruire condizioni di sviluppo del settore, attraverso l’aumento delle produzioni, il consolidamento dei centri di ingegneria e ricerca, maggiori investimenti sui modelli innovativi, la riqualificazione delle competenze dei lavoratori e il sostegno della riconversione della filiera della componentistica.
Nelle scorse settimane il Gruppo ha confermato che nel nostro Paese i dati della produzione nei primi tre mesi del 2024, dopo due anni di crescita, segnano un’inversione di tendenza rispetto al trimestre dell’anno precedente con un dato negativo (-9,8%) rispetto al 2023. Nello specifico (come riportato dal Report dei metalmeccanici Cisl del gruppo Stellantis) nel primo trimestre del 2024 sono state prodotte, tra autovetture e furgoni commerciali, 170.415 unità contro le 188.910 del 2023. La produzione di autovetture segna un -23,8%, pari a 105.255 unità, mentre quello relativo ai veicoli commerciali (prodotti in Abruzzo) segna una crescita del 28,5%, in termini di volumi pari a circa 14.460 veicoli commerciali in più.
Negli stabilimenti di produzione di auto (Torino, Melfi, Cassino e Modena) la situazione è particolarmente negativa e ancora persistono gli ammortizzatori sociali come i contratti di solidarietà e la cassa integrazione, fatta eccezione per lo stabilimento di Pomigliano d’Arco che rappresenta più della metà della produzione totale e ha chiuso il 2023 con un aumento del 30,3% rispetto il 2022. Questo è l’unico stabilimento di assemblaggio auto che cresce in termini di volume e la recente conferma della produzione della Fiat Panda almeno fino al 2027 e comunque fino a quando la legislazione sulle produzioni endotermiche lo consentiranno, dà garanzie per i prossimi anni sui livelli produttivi. Ma dopo il 2027 che tipo di produzione verrà realizzata dai lavoratori di Pomigliano?
L’ambizioso piano industriale di Stellantis “Dare Forward 2030” presentato nel marzo 2022 ha come obiettivo la strategia zero emissioni di carbonio entro il 2038. Con una riduzione del 50% entro il 2030; il 100% delle vendite in Europa e il 50% negli Stati Uniti sarà costituito da veicoli elettrici a batteria (BEV), con più di 75 modelli (45 nel 2024), raggiungendo circa 5 milioni di veicoli elettrici. Entro il 2025 l’investimento complessivo per l’elettrificazione sarà di 30 miliardi, comprendendo anche un aumento della capacità produttiva delle batterie con tre fabbriche in Europa (di cui una a Termoli) e due negli Usa e verrà rafforzata la leadership nel mercato dei veicoli commerciali e gli investimenti e le spese in R&S saranno pari all’8% dei ricavi. Le funzioni di ricerca e sviluppo occupano in Italia 4.500 lavoratori.
Per affrontare la transizione elettrica in Italia serve indirizzare le risorse disponibili in maniera precisa con investimenti certi, è importante l’aumento della produzione, ma bisogna stabilire i tempi della sua realizzazione, sapendo che produrre un milione di veicoli (auto+veicoli commerciali), significa aumentare le attuali produzioni di oltre un terzo, altrimenti ne fa le spese il Sistema Italia. La fotografia sugli stabilimenti francesi di Stellantis evidenzia che sono già pronti a produrre auto elettriche, mentre di quelli italiani solo uno è al passo con i tempi (anche perché FCA non ha mai creduto fino in fondo all’auto elettrica).
Per non confermare nei prossimi anni i dati forniti dall’articolo de Il Sole 24 Ore è necessario creare concretamente le condizioni di sviluppo e di crescita dei volumi produttivi e occupazionali, per gli stabilimenti Stellantis in Italia e per il settore della componentistica. Bisogna utilizzare le risorse per la reindustrializzazione, indispensabili per evitare l’impatto negativo dei 75.000 lavoratori nel comparto auto a seguito del cambio delle motorizzazioni. Per lo sviluppo del settore dell’auto serve accorciare la catena di fornitura, portando in Italia le produzioni della componentistica per l’auto del futuro, dai semiconduttori, alle batterie, ai componenti necessari per la motorizzazione elettrica, il consolidamento dei centri di ingegneria e ricerca, maggiori investimenti sui modelli innovativi, la riqualificazione delle competenze dei lavoratori e il sostegno alla riconversione della filiera della componentistica.
Dalla fusione nel gennaio 2021, da Stellantis Italia sono già usciti attraverso esodi incentivanti circa 7.500 lavoratori e il Gruppo è l’unica casa automobilistica italiana. La cinese Dongfeng, azionista di Stellantis con l’1,50% è in trattativa preliminare con il Governo italiano per produrre 100mila veicoli all’anno. La casa cinese non è l’unica interessata a partecipare al piano per rilanciare la produzione in Italia riportandola sopra il milione di veicoli all’anno e il Ministro Urso sta discutendo con altri produttori esteri cinesi e americani per aumentare la produzione di auto, oggi ferma a 500mila.
Senza un piano preciso e condiviso, tra le parti sociali e il Governo, per la transizione elettrica attivabile immediatamente, con investimenti per rafforzare la ricerca e lo sviluppo, con la saturazione degli impianti e con nuovi insediamenti, concorrenti di Stellantis, il rischio licenziamento e desertificazione industriale diventa certezza.
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