La rassegna stampa di ieri sul 25 aprile e dintorni grondava lacrime amare, anche se non del tutto cristalline. Fra molte sono spiccate quelle di Michele Serra. L’arbiter maximo di ogni correttezza politica non ha potuto non censurare “anziani rottami dell’estremismo nostrano”: con cui però – quando erano tutti molto meno anziani – Serra “lottava” spesso spalla a spalla in corteo. Ma appunto di cortei si discettava ieri, non solo nei format nobili e pensosi di Repubblica.
Fra i centomila che – a stima unificata – sono sfilati per le vie di Milano per riaffermare i-valori-della-Resistenza-antifascista-eccetera, in effetti non c’erano solo “anziani partigiani”. C’erano anche gli “anziani rottami” di-cui-Serra: molto più interessati, nell’occasione, a rispolverare “anziani” slogan filo-palestinesi, cioè anti-israeliani e quindi anti-americani. E poi c’erano molti “non-anziani”, di almeno tre categorie: studenti italiani reduci dai cortei universitari filopalestinesi e anti-israeliani (manganellati o meno dalle forze dell’ordine); attivisti di centri sociali antagonisti (la “sinistra non elitaria”); giovani immigrati più o meno islamici (su alcuni media è comparso per loro uno slang razzista e spregiativo: “maranza”, crasi italo-meneghina fra “marocchino” e “zanza”, cioè “piccolo malavitoso”).
Sarebbero stati questi “abusivi” del 25 aprile a disturbare, fra l’altro, la partecipazione dei portabandiera della brigata ebraica, che combatté per la Liberazione. Sarebbero stati questi “antifa” anomali – non riconosciuti, “senza tessera” – a rovinare la foto-ricordo di una giornata che avrebbe dovuto, negli intenti, fissare tante “cose buone di sinistra”: l’eco dell’appello del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la mattina all’Altare della Patria; la campagna elettorale per le europee (la segretaria “dem” Elly Schlein era naturalmente in corteo a Milano); la possibile ripartenza “vento del Nord” dell’opposizione al governo Meloni, nella figura del sindaco Beppe Sala; e – non certo ultimo – il rilancio della lotta senza quartiere all’“odio nero”, per sempre incarnata dalla senatrice a vita Liliana Segre (milanese, israelita, reduce da Auschwitz).
Non tutti i pezzi di una spregiudicata narrazione politico-mediatica sono però andati a posto. Ma potevano marciare fianco a fianco in corteo l’antifascismo-ora-e-sempre con un’oggettiva solidarietà-a-Israele-qui-e-ora? Solo in una fotografia estremamente photoshoppata. E le contraddizioni erano evidenti, spesso dichiarate già alla vigilia del 25 aprile.
L’ANPI (peraltro oggi ormai un’associazione di “figli di partigiani”) non ha mai fatto mistero di sentirsi particolarmente vicina alle famiglie di Gaza falcidiate dalla lunga e sanguinosa rappresaglia di Gerusalemme dopo il 7 ottobre. Perfino il Quirinale, dal canto suo, era inizialmente intervenuto in difesa della libertà di dissenso degli studenti anti-israeliani, contro la politica “poliziesca” del governo Meloni, diplomaticamente schierato con il governo Netanyahu. E anche il malumore delle comunità islamiche su Gaza è sempre più visibile a livello globale. Nelle primarie “dem” per le presidenziali Usa sono gli americani arabi ad alimentare una minacciosa fronda interna al partito del presidente Joe Biden votando scheda bianca (“no committed”); mentre la comunità israelita – sempre più appoggiata ai repubblicani di Donald Trump – preme per la repressione delle proteste nei campus universitari. Che sarebbero tout court “antisemite”, non solo “antisioniste”.
“Antifascista” ha fatto rima con “anti-israeliano” (o peggio) l’altro giorno in Italia? Molte lacrime di coccodrillo fanno pensare che qualche problema – non piccolo e rigorosamente a sinistra – esista: a maggior ragione quando la supercandidata Pd alle europee è la segretaria Schlein, figlia di un politologo israelita americano, “dem liberal” della East Coast. Lui e la figlia sono sostanzialmente silenti da mesi su Gaza e “Bibi”; mentre i colleghi della Columbia University sono in questi giorni in maggioranza in piazza con i loro studenti contro la polizia a cavallo, come nel Sessantotto. “Anti-israeliani” (talora ebrei) e “antifascisti” (cioè anti-trumpiani): senza equivoci e contraddizioni. Senza lacrime di coccodrillo. E senza preoccupazioni di far numero il 25 aprile.
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