Da diversi mesi sui mercati energetici europei si nota un fenomeno singolare; il mercato dell’Europa continentale è infatti spaccato in tre. In un insieme rientrano Germania e Italia con prezzi dell’energia elettrica intorno ai 100 euro a megawattora; sono prezzi più che doppi rispetto alla media che si registrava prima della crisi energetica europea arrivata dopo le sanzioni imposte contro il gas russo. In questo insieme spicca l’Italia con i prezzi più alti. In un secondo insieme rientra la Francia con prezzi sensibilmente superiori alla guerra in Ucraina, ma di molto inferiori, circa il 40%, a quelli, per esempio, italiani. In un terzo insieme ci sono invece Spagna e Portogallo che non solo hanno prezzi molto inferiori a quelli pre-invasione, ma che da qualche settimana si ritrovano con prezzi molto bassi anche rispetto alle altre regioni globali. Negli ultimi sei mesi i prezzi dell’elettricità in Spagna e in Portogallo sono stati la metà di quelli italiani e nell’ultimo mese, con l’arrivo della bella stagione e con l’allungarsi delle ore di sole, sono stati il 90% più bassi di quelli italiani e inferiori perfino a quelli americani.
Il miracolo spagnolo si è reso possibile con una forte espansione della capacità solare, triplicata negli ultimi tre anni, unita a una base di produzione nucleare che né l’Italia, né la Germania hanno. Le condizioni meteorologiche in Spagna e la disponibilità di terreni rendono possibile una generazione solare ed eolica che il nord Italia, che pure da mesi guida l’espansione della capacità solare nel nostro Paese, fatica a riprodurre. Il 20% dell’elettricità prodotta in Spagna arriva dal nucleare e su questa base a costo fisso si può montare la produzione di energia rinnovabile.
La frattura tra i sistemi energetici europei ha alcune conseguenze evidenti e altre meno. In una fase di ristrutturazione delle catene di fornitura e di competizione economica e commerciale tra nazioni avere i prezzi dell’elettricità molto bassi è un vantaggio competitivo senza prezzo. Non c’è alcun settore o alcuna multinazionale che possa permettersi di ignorare un Paese con costi dell’elettricità strutturalmente bassi; questi Paesi sono destinati a essere privilegiati nelle scelte di allocazione delle risorse e degli investimenti, nel numero di nuove fabbriche o, semplicemente, nel mantenimento di quelle esistenti. Differenziali di prezzi di questa portata, l’Italia con prezzi dieci volte superiori a quelli spagnoli, non possono essere neutralizzati né da maggiori efficienze, né da marchi più forti, né da imprenditori per quanto brillanti possano essere. Dentro un sistema con cambi fissi la competitività del sistema spagnolo è ancora più vincente.
Lo scenario geopolitico di scontri commerciali, e non solo, verso cui si sta andando con un numero crescente di Paesi che impone dazi sulle importazioni e limiti alle esportazioni, con i conflitti che spezzano le catene di fornitura e con le svalutazioni delle monete usate come arma competitiva, iniettano dosi di volatilità politica e sociale. I sistemi che non riescono a contenere la salita dei prezzi, anche in fasi economiche poco brillanti, diventano instabili politicamente. Immaginiamo uno scenario in cui un certo Paese europeo è investito da una crisi energetica, e quindi dei prezzi, invece assente in un altro membro dell’Unione. Nel primo caso i problemi non sono solo economici ma anche sociali e in ultima analisi politici. Le scelte di investimento delle principali società internazionali riflettono anche queste considerazioni.
Ciò che stupisce è la mancanza di urgenza sulla crisi energetica italiana che probabilmente si spera possa rientrare da sola se e quando i prezzi del gas torneranno a scendere. Sui prezzi del gas, invece, non si può avere alcuna certezza dopo la crisi ucraina e i Paesi asiatici sono un concorrente agguerrito nell’approvvigionamento delle forniture medio-orientali; non fosse altro per il fatto che, non dichiarando alcun obiettivo stringente di decarbonizzazione, si presentano come clienti più affidabili e di più lungo periodo. Lo sviluppo delle rinnovabili in Italia è limitato da un lato dalle condizioni meteorologiche e dall’altro dalla morfologia e dalla densità abitativa. L’idroelettrico, soprattutto quando si tratta di nuovi invasi è osteggiato. Rimane il nucleare di “nuova generazione” che però non sarà commercialmente disponibili prima dei prossimi vent’anni. Si stanno ponendo le condizioni per una deindustrializzazione a tappe forzate dell’Italia, via prezzi dell’elettricità, che nessuna classe imprenditoriale, per quanto capace, può disinnescare.
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