Una frase molto famosa nel mondo della formazione è “il feedback è la colazione dei campioni”. Siamo tutti allineati sull’importanza di dare feedback perché permettono di crescere – non a caso il termine deriva dal verbo inglese to feed che significa “nutrire”. Chi tenta di darli, tuttavia, scopre quanto in realtà sia difficile capire come esplicitarli e comunicarli e – soprattutto – individuare quale sia il momento migliore per la persona a cui sono rivolti, della quale si tema la reazione. Allo stesso modo sappiamo bene anche quanto sia difficile ricevere, accettare ed elaborare un feedback.
A uno degli switch mentali che ho fatto riguardo al feedback ha contribuito il legame di amicizia che ho con Stefano Leoni, General Manager di Ralph Lauren, il quale tempo fa, durante una chiacchierata, mi disse che per lui dare un feedback fosse come segnalare a una persona qualcosa nel suo aspetto che non funziona in occasione di un incontro importante.
Inizialmente, dover segnalare questa cosa genera un certo imbarazzo sia nella persona che dà il feedback, sia soprattutto in chi lo riceve, che non saprà nell’immediato come reagire e accumulerà tensione non sapendo come gestire al meglio la situazione. Proprio a causa della dinamica appena descritta, spesso si preferisce non dire nulla.
Bisogna però riflettere sul seguente aspetto: quando il nostro interlocutore tornerà a casa e si accorgerà che non era perfettamente in ordine per quell’incontro fondamentale per la sua carriera, la reazione più probabile è che si innervosirà per via dell’impressione di “persona trasandata” che ha lasciato trasparire nel corso del meeting, prendendosela infine con tutte quelle persone vicine e care che non gli hanno fatto notare i suoi difetti. La morale che si può trarre da questa storia racconta che, se si vuole essere veramente amici si può trovare un momento o uno spazio adatto per segnalare al proprio interlocutore cos’ha che non va in modo tale che la persona abbia l’occasione e il tempo per sistemarsi e performare poi al meglio durante il suo incontro vitale.
Questa breve immagine insegna che coloro che ambiscono a essere buoni colleghi, compagni, coach e leader non devono nutrire preoccupazioni in merito al generare un possibile momento di tensione attraverso l’esplicitazione di un feedback alla persona interessata. Sicuramente far provare subito un piccolo momento di disagio e poi la gioia di performare al massimo delle proprie potenzialità è meglio che non lasciare una persona nell’illusione di essere perfetta per poi scoprire alla fine che durante tutto il concerto aveva suonato con un violino non accordato. Auguro, quindi, buon feedback a tutti!
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