Chiusa (con più di 100 arresti) la protesta anti-Israele e pro-Palestina nel famoso campus della Columbia University di New York, le proteste si allargano e includono sempre più università, tanto negli USA quanto in Italia (con alcune differenze, soprattutto dal punto di vista dell’ordine sociale), in una sorta di ondata di antisemitismo che sembra ormai implacabile. Superfluo ricordare che l’origine dei disordini va ricercata nella guerra avviata da Hamas lo scorso 7 ottobre, quando fece piovere missili sul territorio di Israele, aprendo ad una nuova fase della crisi israelo-palestinese; mentre è più utile andare a cercare tra i bilanci delle maggiori università USA l’origine dei fondi ricevuti dall’estero.
L’ha fatto una ricerca dalla fondazione Heritage (citata dal Giornale) che è partita dal semplice fatto che gli atenei americani hanno ricevuto un totale di 47 miliardi di dollari dall’estero, 19 dei quali impossibili da rintracciare (nonostante la legge imponga di dichiarare qualsiasi versamento) e 22 conferiti a titolo di ‘donazione’. Di questi ultimi 22, circa il 50% dei soldi regalati alle università USA arriva da paesi autoritari, illiberali o non democratici, in larga parte (guarda a caso) del Medio Oriente.
Perché dall’estero donano soldi alle università USA: l’ipotesi della fondazione Heritage
Tra i tanti donatori ‘illustri’ delle università USA spiccano sicuramente (lo ripetiamo, guarda a caso) il Qatar, la Cina, l’Arabia Saudita e gli Emirati, che da sole hanno donato più di 7 miliardi di dollari nell’ultimo anno; ma non mancano nell’elenco neppure paesi come la Russia, la Turchia e (sorprendentemente?) l’ANP che governa in Cisgiordania, mentre tra gli assenti fa rumore il nome di Israele. Dall’altra parte, tra i beneficiari (altrettanto illustri) si contano alcune tra le università più in voga negli USA, come il Mit, Harvard o la Cornell.
La fondazione Heritage elenca principalmente tre modi in cui i fondi sono stati ricevuti o donati: in primo luogo piccole donazioni annuali (per eludere la legge sull’obbligo di dichiarare la provenienza dei soldi); poi le donazioni indirette (passando per altri stati o per associazioni e fondazioni) e, infine, il pagamento delle tasse universitarie (tramite studenti in buona parte presta nome, utili solo a corrispondere pagamenti anonimi). Il motivo? È semplice: “Nonostante le ripetute violazioni delle politiche universitarie, gli studenti coinvolti [nelle manifestazioni nelle università USA] hanno subito poche o nessuna azione disciplinare“.