LE ULTIME NOTIZIE SULLA GUERRA A GAZA: ATTESA RISPOSTA HAMAS SULLA TREGUA CON ISRAELE ENTRO SERA
Entro la sera di mercoledì 1 maggio 2024 Hamas dovrebbe dare una risposta conclusiva a Israele sull’accordo che prevede la tregua a Gaza, presentato da Egitto, Qatar e Stati Uniti. L’ultimo giro di negoziati avvenuti ieri al Cairo non ha visto un pieno assenso finale ma neanche la “spaccatura” del tavolo diplomatico e si attende ora le prossime ore per capire se un effettiva tregua con liberazione degli ostaggi si potrà avere già dalla prossima settimana.
«Aspetteremo le risposte mercoledì sera e poi decideremo» ha spiegato un funzionario diplomatico citato oggi dal “Times of Israel” secondo cui Israele non avrebbe mandato la delegazione per l’ultimo tavolo diplomatico, attendendo impaziente la risposta della sigla terroristica palestinese in merito alla liberazione di almeno 33 ostaggi ancora vivi dopo il rapimento del 7 ottobre scorso.
Mentre fonti della CBS spiegano che gli Stati Uniti starebbero riflettendo sull’inviare palestinesi da Gaza verso gli Usa come rifugiati – per evitare conseguenze devastanti nell’eventualità di un attacco di Israele a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza – le sensazioni circa l’accordo di tregua continuano ad essere altalenanti anche visto ciò che “pende” sulla testa del Premier israeliano Bibi Netanyahu dalla Corte Penale Internazionale. Il rischio di un arresto per crimini contro l’umanità a Gaza avrebbe reso ancora più complicato il già difficile ruolo di diplomazia tra la comunità internazionale e Israele per far desistere al progetto di sfondare le linee palestinesi a Rafah. Addirittura, secondo alcune fonti rimaste anonime ai media Usa, il Premier starebbe cercando di convincere Biden a mediare per lui presso la Corte Penale evitando l’incriminazione: in cambio, Washington si aspetta prudenza e nessuna escalation nella Striscia, chiedendo invece ad Hamas di liberare gli ostaggi per sbloccare l’impasse della guerra.
BLINKEN DA NETANYAHU: “USA DETERMINATI ALL’ACCORDO CON HAMAS”. IL COLLOQUIO IN ISRAELE
«Anche in questi tempi molto difficili siamo determinati a ottenere un cessate il fuoco che riporti a casa gli ostaggi e ad ottenerlo ora»: lo ha detto il Segretario di Stato Usa Antony Blinken a Tel Aviv appena prima di incontrare il Premier Netanyahu. In visita ufficiale dal Presidente di Israele Isaac Herzog, il “Ministro degli Esteri” di Biden ha sottolineato come l’unica ragione per cui l’accordo sulla tregua potrebbe non essere raggiunto è l’eventuale risposta negativa di Hamas che nessuno oggi si augura.
Blinken a Netanyahu ha poi riportato quanto dichiarato appena poco prima fuori dall’albergo con le famiglie degli ostaggi ancora in mano ad Hamas: «Non ci fermeremo finché non vi riunirete ai vostri cari, quindi per favore siate forti, mantenete la fede, saremo con voi ogni singolo giorno finché non avremo portato a termine tutto questo». A complicare i piani diplomatici, oltre alla risposta che tarda ad arrivare di Hamas e alla “grana” Corte Penale dell’Aja, vi sono anche le dichiarazioni rilasciate ieri da Netanyahu davanti alle famiglie dei circa 130 ostaggi israeliani ancora in mano ad Hamas: «l’idea di porre fine alla guerra prima di raggiungere tutti i nostri obiettivi è inaccettabile», ha detto il leader del Gabinetto di guerra, «noi entreremo a Rafah e annienteremo tutti i battaglioni di Hamas presenti lì, con o senza un accordo, per ottenere la vittoria totale».
IN COSA CONSISTE L’ACCORDO HAMAS-ISRAELE PER LA TREGUA A GAZA
L’operazione a Rafah resta però un netto “tabù” tanto per l’ONU – che ancora oggi con il Segretario Guterres ha definito «un’escalation intollerabile e una tragedia senza nome» – quanto per gli stessi Stati Uniti che con Biden non vogliono l’operazione di terra vedendola come una pericolosa escalation internazionale sulla quale si abbatterebbero i prossimi mesi di negoziati in piena corsa per le Presidenziali di novembre. Secondo Sherif El Sebaie, opinionista egiziano esperto di diplomazia culturale e geopolitica del Medio Oriente – contattato dal “Sussidiario” in esclusiva – Hamas potrebbe seriamente rispondere negativamente all’accordo di tregua portando come motivazione il fatto che Netanyahu attaccherà comunque Rafah in un modo o nell’altro.
In attesa dunque che le prossime 24/48 ore possano farci capire di più l’evoluzione della devastante guerra in Medio Oriente, occorre ricordare i termini dell’accordo che faticosamente Egitto, Qatar e Stati Uniti hanno delineato negli scorsi giorni: nell’ottica di “congelare” l’attacco a Rafah per far uscire tutti i rifugiati presenti da mesi scappati dalla Striscia di Gaza, l’accordo prevede il cessate il fuoco temporaneo di tre settimane e la parallela liberazione di almeno 20-30 ostaggi in mano ad Hamas. Come anticipa il Wall Street Journal sulla bozza dell’accordo, la proposta prevede nello specifico due fasi distinte della tregua: nella prima il rilascio di almeno 20 ostaggi in 3 settimane, in cambio della liberazione di un numero ancora da definire di prigionieri palestinesi in mano ad Israele (con la possibilità di prolungare questa prima fase di un giorno ogni altro ostaggio liberato). La seconda fase invece porterebbe a ben 10 settimane di cessate il fuoco durante il quale il rilascio di ostaggi e la pausa della guerra nella Striscia si potrebbe protrarre fino ad un anno.