È un appello chiaro e conciso quello che lancia la dottoressa inglese Renee Hoenderkamp sulle pagine del Daily Mail: fermare gli attivisti trans prima che riescano ad “imporre le loro fantasie sulla realtà a tutti gli altri”. Un appello che arriva poco dopo il recente passo indietro da parte del ministro della sanità britannico che ha deciso che il Sistema sanitario nazionale dovrà rispettare “il sesso biologico” del paziente, indipendentemente dalle sua inclinazioni: un passo “cruciale nella giusta direzione”, secondo la dottoressa, ma che arriva troppo tardi rispetto ai danni che gli attivisti trans hanno “provocato negli ultimi dieci anni”.
Il punto è semplice e per arrivarci Hoenderkamp parte da una semplice costatazione: “quando prendo in mano per la prima volta gli appunti di un paziente maschio, ci sono alcune condizioni che tendo ad escludere”, come “il cancro alle ovaie“. Una prassi diffusa e applicata da tutti i medici del mondo, ma che risulta inutile nel momento in cui si ha davanti un paziente trans, a maggior ragione con “il clima attuale” in cui una semplice domanda sul sesso biologico della persona può far scatenare un vero e proprio putiferio.
Renee Hoenderkamp: “Sprechiamo troppe risorse per accontentare gli attivisti trans”
L’effetto di tutta questa ideologia che gli attivisti trans vorrebbero imporre, spiega ancora la dottoressa, è che il resto dei pazienti, quelli ‘cis-etero’, vengono “scoraggiati dal cercare assistenza medica” da un sistema sanitario “trans-friendly” che li “disumanizza”. Inoltre, spiega, “se i dati medici non registrano se i pazienti sono biologicamente maschi o femmine, le diagnosi saranno distorte“, compromettendo “i tassi di diagnosi precoce” e, soprattutto, “la sanità pubblica” che già versa in un’ampia crisi di sfiducia da parte della popolazione, anche (e forse soprattutto) per l’attenzione data agli attivisti trans, invece che ai problemi reali.
Allacciandosi proprio ai problemi reali della sanità inglese, la dottoressa punta anche il dito contro “il colossale spreco di risorse” economiche e temporali per “i volantini, i manifesti, le bandiere del Pride, gli slogan, i responsabili della diversità” per far contenti gli attivisti trans: risorse che “probabilmente ammontano a centinaia di milioni di sterline” che potrebbero essere meglio impiegati per “risolvere la crisi del sistema sanitario nazionale”.