In Ucraina sarà “guerra per sempre”? La sensazione, come riportato da Foreign Policy, è che dipenda da come gli Stati Uniti approcceranno alla questione, soprattutto dopo le Elezioni presidenziali. L’attuale Governo ha stanziato, come scelta all-or-nothing, circa 61 miliardi di dollari di aiuti ed è tornata a parlare della possibile vittoria di Kiev. L’obiettivo di Joe Biden infatti è quello di rinforzare le forze armate ucraine, probabilmente per tentare una eventuale controffensiva nel 2025. L’amministrazione non considera, tuttavia, che al momento l’esercito è molto debole e, soprattutto, che presto l’esecutivo americano potrebbe essere ribaltato alle urne. È per questo motivo che il futuro è più incerto che mai.
Le domande da porsi in tal senso sono diverse: cosa stanno cercando di ottenere gli Stati Uniti in Ucraina dato che la vittoria totale non è fattibile? Cosa sono disposti a rischiare e spendere per arrivarci? Il problema è che a nessuna di queste è stata data una risposta. O perlomeno, non ce n’è soltanto una. Il dibattito è infatti aperto e le posizioni sono molto diverse tra loro. Una approccio detto cop-out strategico.
Cos’è l’approccio cop-out strategico che gli Usa adottano con l’Ucraina?
Il termine cop-out, in italiano, fa riferimento al concetto di “pretesto per evitare di fare qualcosa”. È per questo motivo che il timore è che gli Stati Uniti non facciano proprio nulla per cambiare le sorti della guerra in Ucraina. È un approccio che fa comodo dati le diverse opinioni sul tema degli americani. Dall’altro lato, però, potrebbero esserci conseguenze pericolose. Il rischio infatti è che la guerra si unisca a quelle “guerre per sempre” e termini con una sconfitta per Kiev in condizioni peggiori di quanto si sarebbe potuto ottenere in precedenza oppure alle stesse condizioni ma con un bilancio umano e finanziario più elevato.
“Per sempre guerra” negli ultimi dieci anni è diventato uno slogan usato dagli attivisti per descrivere gli schieramenti americani apparentemente infiniti all’estero in guerre complesse, dall’Afghanistan alla Siria fino al Niger. Il problema dei conflitti aperti e delle irraggiungibili vittorie assolute è dunque rilevante.