Per i reati di rapina – sia quella definita ‘impropria’ che quella definita ‘propria’ – la Corte Costituzionale ha rilevato un’illegittimità nell’articolo 628 del Codice penale, nel quale non viene citata l’attenuante costituzionalmente prevista per i fatti di lieve entità. La pronuncia da parte della Corte è stata pubblicata e depositata nella giornata di oggi, lunedì 13 maggio 2024, con la sentenza numero 86 che di fatto riforma la materia penale sul reato di rapina seguendo la logica delle precedente pronuncia – parliamo della numero 120 dello scorso anno – sul reato di estorsione, anch’esso privo dell’attenuante e con un pena minima talvolta sproporzionata rispetto alla lieve entità del fatto commesso.
Facciamo un passo indietro prima di arrivare alla sentenza della Corte Costituzionale per scendere nel merito del caso in esame che – spiega una nota – fa riferimento al furto di alcuni generi alimentari economici, commesso da due soggetti all’interno di un supermercato. I due, dopo aver commesso la rapina, spintonando e minacciando gli addetti del punto vendita si sono guadagnati la strada verso l’uscita, salvo poi venire arrestati alcuni minuti dopo poco distanti dal supermercato mentre erano intenti a consumare una pagnotta rubata poco prima.
Corte Costituzionale: “Per la rapina di lieve entità pena ridotta ad un terzo del minimo”
Nella nota che citavamo prima, partendo dal caso in esame, la Corte Costituzionale ha rilevato che “in simili fattispecie il minimo edittale di pena detentiva per la rapina” è di “cinque anni di reclusione”, con l’ovvia conseguenza che un giudice non può che “irrogare una sanzione in concreto sproporzionata“. Peraltro, una pena detentiva di tale entità sarebbe, secondo la Corte, contraria “agli articoli 3 e 27, primo e terzo comma, della Costituzione” che prevedono esplicitamente una “diminuente ad effetto comune” – e, dunque, applicabile tanto nel caso della rapina, quanto di qualsiasi altro reato – “fino ad un terzo [della pena], quale ‘valvola di sicurezza’ per i fatti di lieve entità”.
Con l’introduzione della nuova attenuante, oltre a rispettare i dettami costituzionali, secondo la Corte si da seguito “al principio di uguaglianza nel trattamento sanzionatorio [e] ai principi di individualizzazione e finalità rieducativa della pena” che sono inevitabilmente compromesse da sanzioni “sproporzionate rispetto alla gravità concreta del fatto di reato”.