Natalino Otto, che di animali in classe se ne intendeva al punto da interpretare con largo successo popolare La classe degli asini, motivetto allegro dei primi anni del dopoguerra, avrebbe potuto trarne spunto per una nuova versione dal titolo “La classe delle pecore”. Non fosse, bene inteso, che intanto i tempi son parecchio cambiati, sia perché di asini e pecore a quattro zampe se ne vedono in giro sempre meno (ma a due gambe sempre di più), sia perché verrebbe subito tacciato di lesa maestà tanto dalle associazioni animaliste quanto da quelle studentesche. Le quali, invece, pare non abbiano battuto ciglio davanti all’ospitalità offerta da una classe elementare del Dipartimento della Mosella a John, Valériane, Phil e Marguerite, quattro lanose alunne subito apparse, in verità, poco inclini ad imparare la grammatica francese.
Una provocazione, è evidente, quella messa in atto dalle famiglie contro il ministero dell’Educazione nazionale, che impone a tre Comuni della zona gravitanti sulla scuola il raggiungimento di almeno 98 iscritti complessivi per poter garantire la formazione a settembre della quinta elementare, mentre in realtà ve ne sono soltanto 94. Così, dotati di regolare documento anagrafico completo di nome, cognome, indirizzo e genitorialità come la legge impone, gli ovini hanno lasciato per una mattina l’usuale recinto al pascolo per entrare nell’aula, tutto sommato un recinto anch’essa.
I genitori hanno accompagnato il gesto, capace di spandere ilarità ben oltre i confini nazionali, con una dichiarazione lapalissiana (almeno secondo il giudizio popolare): “A differenza delle pecore, i ragazzi non vanno contati perché non sono numeri”. Chissà se le autorità transalpine terranno conto dell’osservazione o continueranno a far prevalere le necessità del bilancio su quelle dell’educazione e se la simpatica vicenda potrà far breccia anche “là dove ’l sì suona”, l’Italia che da almeno vent’anni ha iniziato ad usare le forbici per chiudere plessi nelle piccole realtà talvolta distanti tra loro, costringendo le famiglie a fare i salti mortali per portare i figli nelle scuole di altri paesi e le amministrazioni comunali a raggranellare fondi dalle loro esigue casse per organizzare gli scuolabus. Con quali vantaggi per il percorso scolastico e per i fondi pubblici è difficile capire.
In fondo, nella sua Scuola di campagna, Renzo Pezzani, poeta fine e dimenticato, avvertiva già ai suoi tempi una certa affinità tra ovini ed alunni: “È fuori dal borgo due passi/ di là dal più fresco ruscello/ recinta di mura e cancello/ la piccola scuola di sassi./ Agnella staccata dal branco/ col suono che al collo le han messo/ richiama ogni bimbo al suo banco/ nell’aula che odora di gesso”. Ma quella era una società che guardava all’educazione come alla cosa più importante e difficilmente la piccola scuola di Pezzani aveva come obiettivo il numero minimo di alunni piuttosto che l’apprendimento delle tabelline.
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