La percentuale di bambini che ha un disturbo dello sviluppo del linguaggio in età prescolare in Italia è pari al 7%. Come fare a capirlo? I “sintomi” sono vari ma è molto facile anche scambiarli con un “late talker”, ossia con uno sviluppo un po’ più tardivo delle proprietà di linguaggio. Secondo Giulia Mantegazza, neuropsichiatra infantile della Fondazione Don Gnocchi di Milano, “un ritardo dello sviluppo del linguaggio è abbastanza comune e riguarda circa il 13-20% dei bambini di due anni”.
Proprio la Fondazione ha avviato un servizio di intervento su bambini di 18-36 mesi per comprendere quali siano le reali percentuali in merito ai disturbi del linguaggio e quali invece quelle dei bambini che non hanno problemi ma semplicemente imparano a parlare più tardi, probabilmente in mancanza di adeguati stimoli o per un po’ di pigrizia.
“Anticipare la logopedia per rendere meno grave il disturbo del linguaggio”
Tra i bambini che a un anno non dicono ancora “mamma” e “papà” e che a 18 mesi non arrivano a 20 parole pronunciate, “circa il 50% con ritardo supera spontaneamente le sue difficoltà linguistiche”, come spiegato dalla neuropsichiatra infantile Giulia Mantegazza a Repubblica. L’altra metà, invece, continua ad avere problemi nel linguaggio anche dopo i 3 anni. Parliamo di un 5-7% dei bimbi, nei quali il disturbo persiste anche dopo i 3 anni. Come spiega Repubblica, infatti, nel 5-7% dei casi è raro che ci sia un recupero spontaneo delle abilità linguistiche prima che i bimbi arrivino ai 6 anni, dunque in età scolare.
La studiosa della Fondazione Don Gnocchi di Milano, ancora, spiega: “La tendenza è di aspettare i 3 anni per un trattamento: oggi una logopedia tra 3 e 4 anni è già da considerare un intervento buono”. Nonostante questo, ci sono studi più recenti che dimostrano che “vista la plasticità cerebrale tipica del bambino piccolo, se anticipiamo l’intervento possiamo aiutare i parlatori tardivi a recuperare prima il loro ritardo e possiamo rendere meno grave il vero e proprio disturbo del linguaggio“.