Imperdibile, perché dice quello che ad ogni genitore serve sapere. È l’ultimo libro del professor Carlo Bellieni, docente di pediatria all’Università di Siena. Che parla dei primi mille giorni di vita (I primi 1000 giorni d’oro, Àncora, 2024), raccontandone la fragilità e i rischi, ma anche la bellezza e i trucchi per farli scorrere serenamente e con profitto. Sono quelle cose che nessuno spiega ai futuri genitori, e che invece è ultrabene che sappiano, per evitare errori e per sciogliersi di felicità con i loro bambini.
Si parlerà dei rischi di inquinamento e di sostanze tossiche, ma anche dello sviluppo dell’affetto e di come questi eventi possano lasciare una traccia (bella o brutta) per tutto il resto della vita.
È un manuale per capire il bambino piccolo, quello che nessuno considera appieno perché non parla, e che invece nel suo non parlare ci giudica, ci guarda, impara più che in tutto il resto della vita.
Si parlerà di allattamento, di coliche, della pelle del bambino, e del suo svilupparsi in gravidanza, di come impara e assorbe le parole, dei suoi inciampi e dei grandi maestri che hanno reso un’arte la puericultura.
Qui, col permesso dell’autore, riportiamo alcune righe dell’introduzione. Buona lettura.
“Diceva Achille Campanile, con sottile umorismo, che ‘è un peccato che l’alba sorga così presto nella giornata, perché non c’è nessuno lì a vederla’. In realtà qualcuno c’è. Sono quei pochi che si alzano presto per lavorare o perché non riescono a dormire. Ecco, se stiamo leggendo questo libro noi siamo tra quei pochi che per vari motivi si trovano alzati a voler ammirare l’alba della vita.
E quando l’hai vista anche solo per un istante, non te la scordi, ti innamori. Capisci che in quell’alba c’è una forza dirompente, che non è un momento della giornata della vita come gli altri. E vuoi capire di più, assaporare di più, essere più informato, capace di capire, di guardare ancora a quell’alba. Ora hai in mano un testo che ti aiuta in questo viaggio di comprensione, stupore, affetto. (…)
Mille giorni. È un’esplosione di colori, sapori, sensazioni, moltiplicazione di cellule, scambi di informazioni, …innamoramento, abbandono, nascita, addii. Tutto in mille giorni, che sono i più alti, i più forti, i più drammatici, i più emozionanti di tutta la nostra vita. E non lo sappiamo. Dall’embrione al bambino che parla e cammina. Mille giorni. Mille giorni esatti passano dal concepimento al compimento del secondo anno di vita. E quello che accade in questi mille giorni è irripetibile e fondamentale.
È irripetibile come impeto, perché la forza, l’energia, l’irruenza della vita che si sviluppa non si ritroverà più negli anni successivi. La moltiplicazione delle cellule, la loro differenziazione, la loro proliferazione; la comparsa dei sensi, le prime percezioni, i primi dolori.
È fondamentale come materia plastica in balia delle forze della genetica e dell’ambiente. Quello che stimola da fuori o da dentro la massa vitale che si sta formando lascia dei segni indelebili. Se gli stimoli sono buoni, i segni saranno buoni; se gli stimoli sono nocivi, i segni che si porterà appresso il bambino saranno meno belli.
Eppure nessuno insegna ai genitori sui banchi di scuola a prendersi cura di sé e del figlio proprio in questi mille giorni. Anzi, si pensa comunemente che ‘la vita’ inizierà dopo, che il carattere si forgerà in seguito, che i danni e i dolori in questi giorni… ‘passano’. Sbagliato! È proprio qui che i danni e i dolori lasciano l’impronta più forte per il futuro. Così come le belle cose e l’ambiente sereno lasceranno un segno tale da far intravedere tutta la vita in discesa, serena, più facile.
Certo, ci saranno difficoltà, e iniziare la vita bene non è garanzia di avere un’autostrada spianata davanti a sé, così come iniziarla male non significa che le cose saranno per forza insidiose. Ma perché non facilitare questo percorso sulla sua alba?
È quello che qui faremo. Con utilità anche per gli studenti universitari, che spesso affrontano la pediatria e la neonatologia come una serie di malattie da curare o di terapie da dare. Occorre uno sguardo olistico, che non significa sentimentale o astratto, ma ‘completo’.
E con utilità delle mamme e dei babbi, che di solito si trovano a fare i conti con la gravidanza come li farebbero con un’attrezzatura che qualcuno gli consegna senza dirgli come funziona.
E, sono certo, con utilità per i bambini”.
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