L’Argentina di Milei sta attraversando una fase in cui, a fronte di indubbi risultati economici che stanno lentamente ma inesorabilmente ribaltando la fallimentare situazione ereditata di 40 anni di pero-kirchnerismo, nasconde una problematica essenziale al suo completo recupero: quella di una giustizia sulla quale sia il Presidente che il suo staff non stanno mettendo le mani. Anzi. Con la proposta di far entrare nel Consiglio superiore della magistratura al Giudice Ariel Lijo, grande alleato del kirchnerismo, si rischia di non poter attuare riforme che dovrebbero accelerare il cambiamento necessario, colpendo non solo la corruzione ma anche la penetrazione sia del narcotraffico che della criminalità nel Paese dovute spesso a connivenze con la casta politica.
A capeggiare la protesta contro una nomina che, sebbene non ancora attuata perché sottoposta all’approvazione parlamentare, rischia di bloccare il cambiameno tanto atteso c’è Maria Eugenia Talerico, avvocatessa ed ex Presidente della Uif, l’Unità di informazione finanziaria, durante il Governo Macri (2016-2020). Persona estremamente preparata e, a nostro modesto parere, degna di poter puntare alla Presidenza del Paese, è leader indiscussa di un movimento che mira a spingere Milei a quel cambiamento istituzionale, con una giustizia indipendente, essenziale al bene dell’Argentina. Abbiamo avuto il privilegio di una lunga chiacchierata con lei a Buenos Aires dove, con una passione veramente notevole, ci ha esposto le sue ragioni, estremamente condivisibili.
Lei è esperta in cause finanziarie e recentemente è salita alla ribalta delle cronache per una questione legata a un Presidente, Javier Milei, che è molto esperto in economia, ma che sembra non capire che se la stessa non è sorretta e accompagnata da una giustizia indipendente non si va molto lontano, no?
In primo luogo è auspicabile che l’attuale Governo possa avere successo dopo 20 anni di un populismo rappresentato dal kirchnerismo che non solo ha distrutto la nostra forza produttiva, ma pure degradato l’educazione attraverso politiche che mirano a una società sempre più dipendente dallo Stato attraverso sia l’impiego pubblico che piani sociali elargiti massivamente. Per questi motivi celebro questo cambiamento politico fatto da una persona che sta valutando il ruolo dello Stato e prendendo misure economiche con le quali sono d’accordo. Quello che accade è che Milei non presta attenzione alle faccende istituzionali, che poi sono quelle che hanno significato la fine di molti Governi in Argentina: come, per esempio, quello da lui tanto apprezzato del peronista Carlos Menem, famoso per le privatizzazioni, ma che finì in scandali di corruzione notevoli e inaugurò quella giustizia composta da “giudici servili” asserviti al potere.
Cosa occorrerebbe fare?
A mio modo di vedere bisogna mantenere l’integrità e migliorare la selezione dei giudici attraverso sia “premi” che “punizioni”, destinando i primi a quelli virtuosi e non a quelli che si sono mischiati con gli interessi economici, sindacali e politici. Perché nella teoria della libertà questi ultimi atteggiamenti citati non coincidono mai con il benessere dei Paesi: l’Argentina purtroppo ha un sistema strutturale che si è sviluppato da molti anni per mano dell’establishment composto anche da politici e dal sindacato e che dobbiamo correggere. Milei era arrivato per cambiare tutto questo e senza alcun dubbio purtroppo appare in un contesto nel quale vuole nominare a responsabile della Corte di Giustizia nazionale un giudice che contraddice tutto quanto affermato dal Presidente finora. Indebolendo inoltre un’istituzione importantissima nella lotta contro la corruzione. In pratica violando le leggi di uno Stato di diritto perché il “premio” va a una persona che non merita assolutamente l’incarico.
Sono anni che in Argentina vengono invitati giudici e magistrati italiani di “Mani pulite”, invocandone la replica in un Paese con livelli ormai storici di corruzione. Ma purtroppo non avviene nulla. Come mai?
Magari succedesse tutto ciò! Anche perché disponiamo di un sistema legislativo che già include tutto quanto necessario per metterlo in moto! Però ci occorre una selezione che privilegi l’idoneità tecnica, perché anche questa è necessaria, ma abbiamo bisogno anche di test che certifichino l’integrità morale dei soggetti. È quello che manca sistematicamente, perché invece di arrivarci persone oneste e preparate, ci arrivano quelli che in Argentina chiamiamo con il termine “rosqueros”, cioè quelli inseriti in un contesto dove si raggiungono livelli altissimi di responsabilità in tempi brevissimi solo se completamente asserviti al sistema che ci ha fatto raggiungere il baratro abissale di questi anni. Non importa che tu sia preparato, ma amico del politico o del sindacalista di turno: che poi altro non è che la famosa casta di cui parla Javier Milei…
Ma allora come è possibile che lui stesso ostacoli i suoi principi che, dobbiamo dirlo, hanno permesso in pochissimo tempo di intravedere una luce al fondo di un tunnel di oltre 40 anni? Come può essere che una persona come il Presidente non sappia chi sia il Giudice Lijo?
Quando parlo del tema, cosa che molti non fanno per non aprire polemiche, dico semplicemente che un Presidente non può non conoscere chi va a nominare nel massimo tribunale della nazione, perché è pure un incarico vitalizio fino a che non raggiunga i 75 anni di età. E ciò non può dare assolutamente fiducia a chi vuole investire i suoi capitali in un sistema che dovrebbe essere dominato dalla libertà, ma con un incarico importantissimo dato a un giudice che solleva moltissimi dubbi dal punto di vista sia etico che morale. Non sono poche le voci che hanno gridato la loro protesta affinché Milei non commetta questo errore: l’intera società civile e molti ordini, come quello degli avvocati, ma anche la Camera di commercio statunitense, hanno esternato la loro protesta per una questione che non vuole affatto la destituzione di un Presidente che sta compiendo passi positivi come da tempo non si registravano in Argentina, che sta cercando di ridurre un sistema di impiego pubblico che ci costa più di 40 punti del nostro Pil, che ha scoperto scandali incredibili che hanno investito settori importanti dello Stato e non solo. Noi abbiamo un animo cooperativo di piena collaborazione, ma non si può commettere questo errore istituzionale, che costituisce un segnale bruttissimo e di dimnesioni assolutamente notevoli. Ripeto: dobbiamo evitare che ciò accada con tutte le nostre forze.
Perché, a suo avviso, Milei rischia di commettere un simile errore?
Le versioni sulla questione sono tante, io però penso che bisogna fare molta attenzione a chi lo circonda ed è parte della sua squadra presidenziale. Stiamo aspettando che il capo gabinetto presidenziale faccia firmare a Milei un decreto affinché si possa avviare un procedimento contro i responsabili del cosiddetto “Scandalo delle Assicurazioni”, una questione che stava per far saltare il Governo precedente e che trova coinvolto pure il suo predecessore, Alberto Fernandez, che in pratica obbligava lo Stato a sottoscrivere polizze assicurative sulle quali lucravano brookers “amici degli amici”. Affare che rappresenta un importantissimo punto per iniziare finalmente una vera lotta contro la corruzione: sempre però che il decreto venga firmato. Nel frattempo, stranamente, lo stesso funzionario che ha reso possibile la scoperta dello scandalo è stato costretto alle dimissioni, nonostante sia uno dei più grandi esperti nel settore pensionistico e occupasse il posto di presidente dell’Anses (l’Inps argentino, ndr): questo solo perché sua moglie ha votato contro l’approvazione dei famosi DNU Presidenziali, almeno così si dice.
Lei crede a questa versione?
Non credo molto a questa versione, ma bisogna porre la massima attenzione, lo ripeto, sull’intorno presidenziale e la sua influenza sulle decisioni, ma appunto per questo bisognerebbe procedere con molto coraggio, decisione e pugno di ferro. Lui non è arrivato solo per risolvere problemi economici, ma deve anche affrontare quelli che fanno parte della corruzione, il crimine organizzato, i giudici che li proteggono. Bisogna ricordare anche che questo sistema è profondamente legato a leader politici di altri Paesi come Bolivia, Venezuela, Nicaragua o Cuba. Abbiamo ereditato la produzione più importante di cocaina della regione latinoamericana, il narcotraffico, associato a organizzazioni che finanziano pure il terrorismo e tutta una catena che dobbiamo necessariamente combattere se vogliamo un cambiamento effettivo. La nomina di Lijo al Tribunale Supremo argentino contraddice tutto ciò.
Ma non c’è solo la Corte Suprema di Giustizia… gli altri settori del sistema come operano?
Abbiamo un ministro della Giustizia che non ha un passato tanto irreprensibile (secondo diverse denunce, in passato è stato avvocato di persone legate sia al narcotraffico che al riciclaggio di capitali), così come un Consiglio superiore della magistratura, incaricato di nominare o destituire giudici, che non agisce ancora per attuare norme per introdurre una pulizia del sistema, e non ne elimina una che fa decadere ogni causa nei confronti di membri della giustizia, processati in cause di corruzione, dopo tre anni: è quindi sufficiente allargare temporalmente i procedimenti con un’operetta di disaccordi vari fino ad arrivare a quel termine affinché si annullino, invece di rimuovere molti giudici. Se non si dà un segnale forte dai poteri politici non si arriverà mai a un cambiamento dove si premino le persone che rispettano i canoni di legge e siano irreprensibili e non quelle che sono parte del sistema e non della soluzione.
Ma esiste un progetto per attuare questo cambiamento? E se sì, cosa si aspetta a metterlo in marcia?
Anzitutto, lo ripeto, abbiamo un problema di inconsistenza che proprio la decisione presidenziale su Lijo mette in evidenza: fare il contrario di ciò che si dice. E non c’è al momento alcuna intenzione di mettere in marcia nel Governo di Milei progetti che premino giudici o magistrati onesti e nemmeno, nonostante le vibranti proteste e le manifestazioni che vengono organizzate, di mettere in piedi un piano integrale di lotta contro la corruzione. Anzi, la prima cosa che ha annunciato il ministro della Giustizia è stata quella di togliere la facoltà di denuncia a organismi molto importanti nella lotta alla corruzione come l’Ufficio anticorruzione e l’Unità di informazione finanziaria. Però a causa delle proteste fece subito marcia indietro e annullò la decisione: per questo siamo molto attenti ai segnali istituzionali di un Governo nuovo, che è al potere da poco tempo con un Presidente che è in pratica un outsider, con un intorno di persone di cui poche veramente affidabili, come per esempio il ministro dell’Interno Franco. Purtroppo non ci rimane molto tempo perché alla società argentina, in questo momento, per trasformare una cultura che la domina negativamente da più di 20 anni, si stanno chiedendo sacrifici che sono grandissimi, per attuare un cambiamento radicale. Che potranno continuare solo se ci sarà una reazione presidenziale davvero rapida che lo possa attuare.
(Arturo Illia)
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