Per non morire di lavoro

La sicurezza sul lavoro è un tema importante, ma per affrontarlo al meglio occorre corresponsabilità e co-protagonismo da parte delle persone

Morti sul lavoro: ancora tanti, ancora troppi. Il lavoro è l’espressione più essenziale dell’uomo. Perciò la sua dignità, compresa la sua sicurezza, meriterebbe una cura e un’attenzione seri, non faziosi, e costanti. Non stop and go, clamori e silenzi, brevi agitazioni emergenziali e lunghe pause di oblio.

Dal boom a oggi

Per prima cosa è bene considerare la questione su un lungo periodo, dal boom economico a oggi. Le serie storiche dell’Inail, l’Istituto nazionale per gli infortuni sul lavoro, ci attestano che i morti sul lavoro in un anno sono scesi dai 4.500 e passa del 1963 (anno record) ai circa 1.200 del 2022. Il trend di diminuzione è stato sostanzialmente costante e del tutto indipendente dal colore politico della ventina di diversi Governi che nel frattempo si sono succeduti. Hanno agito verosimilmente il miglioramento delle tecnologie, la coscienza dei lavoratori, l’azione sindacale, le leggi. Nell’ultimo decennio il calo del numero dei morti appare alquanto rallentato: il che è comprensibile, ma comunque vi è necessità di nuovi passi avanti.

Trattori micidiali

Una seconda buona regola è guardare la realtà senza pregiudizio, in particolare senza il pregiudizio che il padrone è cattivo, e il Governo pure, se è di destra. Se guardiamo quali sono i settori dove avvengono più morti, possiamo intuire una pluralità di probabili cause. Dove si muore di più sul luogo di lavoro è in agricoltura (30%), di cui il 75% schiacciati dal trattore. Età dai 14 agli 88 anni. Segue l’edilizia (15% dei morti) provocati prevalentemente da cadute dall’alto; moltissime di queste vittime sono lavoratori in nero, specie al sud, ma non solo, e/o immigrati. Al terzo posto il settore autotrasporti (11%), cioè i lavoratori che guidano un mezzo sulle strade e autostrade.

Ogni incidente ha la sua specifica causa. Una diagnosi “certificata”, attendibile, è spesso data solo da sentenze della magistratura, che salvo eccezioni arrivano dopo iter di anni e non addirittura finiscono in prescrizione e addio fichi. Un vuoto di conoscenza, prima ancora che di giustizia. Non è una limitazione da poco.

Che fare?

In questi mesi i sindacati e la politica non sono stati a far nulla. Sono state avanzate proposte, alcune delle quali recepite dal Governo o in via di perfezionamento. Esse riguardano soprattutto la responsabilità delle aziende per la sicurezza dei lavoratori, le regole degli appalti e subappalti, l’efficienza e l’efficacia dei controlli, le sanzioni ai trasgressori.

In questi giorni i sindacati interloquiscono con il Governo per i decreti attuativi della “patente a punti” alle aziende (scesi i crediti, l’imprenditore o il suo addetto alla sicurezza e prevenzione deve riqualificarsi con adeguata formazione; all’opposto si può arrivare fino all’interdizione dell’attività). Si sta studiando come estendere al settore privato le regole degli appalti più severe esistenti per il pubblico, e come farle realmente applicare anche nei subappalti.

I controlli ispettivi su salute e sicurezza nelle aziende sono stati, l’anno scorso, 20.700, cioè 3.700 in più dell’anno precedente. Il ministro del Lavoro prevede per il 2024 un aumento del 40% di tale attività, esercitata da un organico di 3.100 funzionari. Le ispezioni hanno rilevato nell’edilizia un tassi di irregolarità di ben il 76%, che sale a oltre l’85% nel caso di aziende impegnate in lavori collegati al Superbonus del 110%.

Un’alternativa culturale

Abbiamo parlato fin qui di sindacati nel loro insieme. Cgil, Uil e Cisl su talune proposte concrete convergono, ed è bene così, ma non è chi non veda profonde differenze di impostazione culturale e quindi di comportamento politico. La Cgil, con la Uil in scia, privilegia il metodo dell’opposizione politica; orfana del grande partito comunista e della saggezza di un Luciano Lama, flirta con le sirene populiste, e fa come se le soluzioni ai problemi si realizzassero semplicemente attraverso il conflitto e la vittoria sul nemico  politico o imprenditoriale e l’affermazione di vincoli e gabbie statalistiche, come sta cercando di fare cancellando, con il Pd di Schlein il Jobs act varato del Pd di Renzi e chiedendo un salario minimo per legge.

La Cisl punta invece ad affermare la partecipazione dei lavoratori agli indirizzi dell’impresa e a rafforzare la contrattazione decentrata e delle iniziative in una logica binaria,  nella convinzione che l’azienda è frutto del lavoro umano e bene comune di imprenditore e lavoratori. Il conflitto qui non è lo scopo, ma l’estrema ratio da misurare in ordinare allo scopo, che è l’accordo.

Formazione e protagonismo

Tradotto in relazione alla sicurezza sul lavoro questa posizione chiama il lavoratore ad essere co-protagonista così come del suo lavoro e della sua “azienda” della costruzione e gestione della dignità, sicurezza e salubrità del lavoro stesso. Il lavoratore non è oggetto passivo di condizioni delegate ad altri: è in qualche modo lui stesso il primo responsabile del suo lavoro, del suo senso e della sua salute e sicurezza. Suo personale e dei suoi compagni. Fare come se il problema e le soluzioni riguardassero sempre “gli altri”, per di più nemici, sarebbe come non considerare il lavoratore nella pienezza del suo essere persona. Le conseguenze sono facili da intuire. Basti accennare al tema della formazione (tema volutamente omesso dall’elenco fattori sopra di punti di lavoro, Governo, sindacato). La coscienza di agire come co-protagonista e corresponsabile della propria e altrui sicurezza da un lato va sostenuta, e qui contano molto forme di unità dal basso dei lavoratori; e d’altro canto credo possa disporre ciascuno a tenerci a una propria formazione seria e continuamente aggiornata, che aiuti a eliminare eventuali imperizie e superficialità, errori di valutazione dei rischi, e ad agire più specificamente perché l’impresa assicuri l’adeguatezza degli impianti, delle attrezzature e delle procedure.

Il vecchio slogan programmatico del lavoratore imprenditore di se stesso (caro al papa san Giovanni Paolo II e all’economista cristiano Marco Martini) è più che mai attuale. Se no? Leoni incazzati in piazza, una tantum; Fantozzi mugugnanti in casa e ufficio, quotidianamente. Non è il massimo.

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