“Nessuno credeva alla mia colpevolezza”
All’accusa nei confronti di Beniamino Zuncheddu “non ci credeva nessuno, neanche le guardie carcerarie. Un ragazzo di 26 anni che fa una strage? È una cosa impossibile” spiega sulle pagine de Il Foglio. Eppure l’ex pastore è rimasto in carcere per ben 33 anni: “Avevo diversi testimoni a mio favore, ma non hanno creduto a nessuno. Hanno creduto all’unico superstite che ha cambiato sempre versione”. Il 27 novembre 2023, poi, la svolta: Beniamino Zuncheddu viene rimesso in libertà.
“All’inizio non ci ho creduto – spiega lui – Poi quando mi hanno risposto che non stavano scherzando, ho preso alla rinfusa le mie cose e mi sono ritrovato fuori dal carcere, quello di Cagliari Uta. D’istinto, ho cominciato a incamminarmi verso casa. Ho pensato: prima che ci ripensano e magari mi rimettono dentro. Poi mi sono fermato e ho chiamato i miei familiari, che mi hanno riportato a Burcei. Lì c’erano tutti i miei compaesani che mi aspettavano. Hanno organizzato una festa con i fuochi d’artificio”, conclude l’ex pastore a Il Foglio, spiegando che nonostante l’errore giudiziario, non gli spetterà neppure un euro di risarcimento.
Il ritorno alla normalità: pensavo che mi avrebbero liberato subito!
Beniamino Zuncheddu da quando ha ritrovato la libertà non fa altro che chiedersi come sarebbe stata la sua vita se non fosse stato vittima di un errore giudiziario tra i più clamorosi nel nostro Paese. L’ex pastore sardo ha passato in galera ben 33 anni di vita, dai 27 ai 60, dopo essere stato condannato all’ergastolo per la strage del Sinnai, compiuta nel gennaio 1991. Sarebbe stato lui, secondo i giudici all’epoca, ad uccidere tre persone e a ferire gravemente una quarta. Le indagini, inizialmente, non diedero risultati ma proprio il superstite, Luigi Pinna, mesi dopo riferì di aver riconosciuto il pastore come assassino. Una versione cambiata dopo più di un mese, probabilmente su suggerimento di un poliziotto, come spiegò poi proprio Pinna.
Parlando sulle pagine de Il Foglio, Beniamino Zuncheddu afferma: “Mi hanno bruciato 33 anni di vita, mi sento come un bambino che deve reimparare a camminare”. Fuori dal carcere, infatti, la vita è andata avanti e tutto è cambiato: “Nuove automobili, i telefonini, persino una nuova moneta, l’euro”. Dopo essere stato portato in commissariato il 28 febbraio 1991, l’ex pastore scoprì di essere accusato della strage del Sinai: “Ho pensato che era impossibile, perché non ero stato io. E ho pensato che un giorno o l’altro mi avrebbero liberato invece non è stato così”.